Trump vs Biden sfida all’ultimo voto

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Trump vs Biden sfida all’ultimo voto

Si infiamma già la campagna elettorale americana dove gli sfidanti Donald Trump e Joe Biden se le daranno di santa ragione da qui al prossimo Novembre, mese di presidenziali USA.

Un Trump in grande forma e a tutto tondo, intervistato da Fox New attacca ferocemente il rivale sul piano della politica estera, in un momento di grande caos geopolitico fatto di conflitti attuali e latenti che rischiano di precipitare vorticosamente il mondo nella Terza Guerra Mondiale.

E il tema della guerra a Gaza costituisce l’argomento principale di una recente intervista rilasciata dal tycoon a Israel Hayom un giornale distribuito gratuitamente in Israele e poi rilanciata dalla stessa Fox News

La guerra a Gaza secondo Trump è colpa e responsabilità di Joe Biden e della sua debolezza. Hamas non ne riconosce la forza in chiave di deterrenza e per questo ha sferrato il terribile attacco del 7 Ottobre che Trump definisce “uno degli eventi più tristi cui abbia mai assistito”. Il competitor repubblicano poi ribadisce che con lui alla Casa Bianca, l’attacco non ci sarebbe mai stato. Un concetto espressa già svariate che poggia sul presupposto della forte politica anti iraniana svolta da Trump quando era Presidente.

Effettivamente, a quel tempo gli iraniani erano stati colpiti duramente nel portafoglio, con il prosciugamento dei fondi conseguenti allo stop dell’accordo siglato da Obama

Gli Ayatollah, dunque, in netta difficoltà interna, non avevano più risorse né soldi per finanziare Hamas, Hezbollah o altre sigle terroristiche. Insomma, la strategia della guerra al terrore mediante il prosciugamento dei fondi monetari era la via maestra da continuare a perseguire. Biden, invece, a Settembre scorso è finito sotto accusa per aver accettato il pagamento in favore di Teheran di ben 6 miliardi di dollari in cambio del rilascio di alcuni prigionieri con ciò facendo rifiatare le casse degli Ayatollah con i quali ulteriori accordi erano stati implementati.

Ha ragione Trump?

Non lo sapremo mai, certo è che la politica di Biden in Medio Oriente si sta rivelando assai precaria e per nulla efficace.

Ma Trump va oltre affermando che “solo un pazzo non avrebbe reagito come ha fatto Israele” aggiungendo che anche lui si sarebbe comportato nel medesimo modo. Dichiarazioni forti, nette e senza alcuna ambiguità a differenza di Biden che continua a oscillare tra il sostegno a Israele e il boicottaggio del Governo Netanhyau a cui riserva stoccate un giorno sì e l’altro pure.

Un America dunque debole quella che appare dalla politica estera portata avanti dai democratici, sotto il perenne ricatto delle ali più estremiste del Partito e delle componenti più ideologizzate dell’elettorato di riferimento, con una Presidenza evidentemente incapace di mediare e fare sintesi fra le anime progressiste del Paese.

Situazione alla quale Trump risponde alla sua maniera, ossia, senza mezzi termini.
Ma, pur nell’indiscutibile appoggio a Israele, il leader Repubblicano aggiunge consigli allo Stato Ebraico. In particolare, Trump invita Netanyhau ad accelerare la fine della guerra e sedersi al tavolo delle trattative per il futuro di Gaza e della Palestina.

Ciò poiché l’immagine dello Stato Ebraico, complice una propaganda faziosa e falsa, si sta incrinando a livello internazionale, e questo va evitato in tutti i modi

Una posizione quella di Trump che richiama alla necessità di chiudere la guerra e impostare una strategia di pace in Medio Oriente di più ampio respiro perchè dare l’immagine che non si riesca a sconfiggere Hamas protraendo sine die la guerra lede l’immagine stessa di Israele.

Quale pace non si sa, dal momento che Biden vorrebbe il coinvolgimento dell’ANP di Abu Mazen nel governo post-bellico di Gaza e Netanyhau non ne vuol sentir parlare (almeno ad oggi), ma anche Trump insiste sulla necessità di addivenire presto alla pace.

Mentre però per Biden la pace si ottiene con il cessate il fuoco – come dimostra la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU di ieri che va in questo senso, passata con l’astensione decisiva degli USA, per Trump la pace sembra raggiungersi attraverso una accelerazione militare che porti alla sconfitta definitiva di Hamas in tempi rapidi.

Che cosa accadrà è ancora in forte dubbio, ma emerge sicuramente il quadro di un’America spaccata sulla politica estera del Presidente in carica, il quale nel tentativo di non disperdere i voti dei cittadini americani di fede musulmana, in Medio Oriente, gioca cinicamente una partita ambigua

Ma in ciò è, per la prima volta, sostenuto da una cospicua parte del mondo ebraico americano che si schiera apertamente contro il Governo Netanhyau ormai visto come fumo negli occhi.
Una posizione giudicata sconsiderata da Donald Trump e del tutto inimmaginabile qualche anno fa. Un ebreo che attaccasse la politica israeliana è un evento nuovo e pericoloso secondo il leader repubblicano perchè finisce per rafforzare indirettamente quell’asse democratico estremista di sinistra che trova in Rashida Talib e Alexandra Ocasio Cotez le paladine della c.d. Causa palestinese.

Insomma, la sensazione è davvero quella per la quale fino a Novembre, in attesa di sapere chi siederà nello Studio Ovale, ogni evento, ogni scelta e ogni soluzione – in Medio Oriente, come altrove – sia sospesa

Trump da canto suo continua a promettere un mondo di rinnovata pace in Medio Oriente in caso di vittoria come sottolinea anche Kaorli Leavitt, addetta stampa del candidato repubblicano.
«Quando il presidente Trump tornerà nello Studio Ovale, Israele sarà nuovamente protetto, l’Iran tornerà al fallimento, i terroristi saranno braccati e lo spargimento di sangue finirà», assicura la giornalista con sicurezza.

Avrà ragione?

La risposta, arriverà fra qualche mese.

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