La Turchia ha iniziato da qualche tempo a trivellare a largo dell’isola di Cipro. Qual è esattamente la situazione, quali gli scenari?
La Turchia ha annunciato lo scorso ottobre di aver inviato una nave da perforazione per petrolio e gas nelle acque di Cipro meridionale dove le autorità greco-cipriote hanno già assegnato diritti di esplorazione d’idrocarburi a società italiane e francesi. Ankara, sfidando le crescenti critiche europee, aveva affermato che la nave dovesse avviare nuove “esplorazioni”.
La controversia tra Nicosia e Ankara è molto tesa. La Turchia afferma che alcune delle aree che Cipro sta esplorando insistano sulla propria piattaforma continentale, dove i ciprioti turchi vantano uguali diritti su qualsiasi reperto con i ciprioti greci. La Turchia ha già esplorato due pozzi nelle acque ad est ed ovest dell’isola, scatenando negli ultimi mesi sia forti proteste, da parte di Nicosia e dell’Unione europea, sia la minaccia di sanzioni dall’UE. La presidenza cipriota ha accusato Ankara di “tattiche di bullismo di un’era ormai lontana” e ha invitato la Turchia a ritirarsi dall’area. Questa provocazione è un chiaro esempio della sfida di Erdogan contro l’Unione Europea e del fatto che il presidente turco non dà seguito alle ripetute esortazioni della comunità internazionale a cessare le attività, palesemente illegali.
Una prova in più della condotta provocatoria e aggressiva di Ankara, che ha scelto di allontanarsi rapidamente e irreversibilmente dalla legalità internazionale, mettendo così a rischio la sicurezza nel Mediterraneo. I turchi oltre alla pretesa che l’area di perforazione si trovi all’interno della piattaforma continentale turca validata dalle Nazioni Unite hanno anche portato avanti la teoria che le licenze di autorizzazione emesse da Ankara sono in essere perché la Turchia non riconosce le rivendicazioni marittime dei greco-ciprioti. Si è arrivati al punto di cercare di far passare la notizia che le azioni dei greco-ciprioti hanno violato i diritti della Turchia e dei turco-ciprioti.
La situazione sembra preoccupare anche l’Unione Europea, in particolare alcuni paesi come la Francia, può chiarirci questo particolare? L’Italia che atteggiamento assume?
L’Unione europea ha invitato la Turchia a rinunciare ai piani di perforazione nel Mediterraneo orientale, sostenendo che tale esplorazione sia illegale.
Il governo cipriota, acclarato internazionalmente, ha scoperto gas offshore nel 2011 ed ha concesso licenze a società multinazionali. La Francia con Total, come l’Italia con ENI, hanno enormi interessi nell’area, soprattutto a valle degli accordi presi da tempo con Nicosia. In questi giorni primo ministro greco Mitsotakis ed il presidente francese Macron concordano sulla riprovazione dell’attività “banditesca” turca sia in Libia sia a Cipro.
I movimenti dei turchi nel Mediterraneo sono una chiara violazione dell’Accordo di Berlino e la Francia è dalla parte di Grecia e Cipro contro le provocazioni turche e le violazioni dei loro diritti sovrani dei due paesi.
Le due nazioni hanno una visione strategica comune per quanto ha tratto con le tematiche di Ue e Mediterraneo a tal punto che la marina militare di Atene prevede l’acquisto di due navi fregate francesi. L’Italia, al momento, non ha fatto sentire la sua voce con simile autorevolezza. La Marina Militare Italiana, sicuramente più attrezzata e preparata di turca, ha la possibilità di iniziare a difendere i nostri interessi nazionali, quelli veri, quelli per cui esiste.
Secondo lei come sta reagendo la Turchia e il suo leader Erdoğan alle proteste dei paesi mediterranei, in stato di allerta anche a causa degli accordi Turco-Libico sulle fonti energetiche?
Erdoğan ha nostalgia di allungare le mani su quello stato vassallo che gli fu strappato nel 1911 dal Regno d’Italia, ed ha un enorme interesse verso le risorse energetiche del Mare Nostrum.
La Libia ha immensi giacimenti e lo sfruttamento dei terminali costieri interessa italiani, francesi, inglesi, statunitensi e ultimamente russi e turchi.
Quello che bisogna evitare sarà la contingenza che nel futuro si sia costretti a comprare gas libico da Erdoğan. Perché’ se i tagliagole al soldo dei turchi prendono possesso della zona di partenza del Green Stream (in uso dal 2004) non si può prospettare nulla di positivo. Per gli anni a venire Green Stream rimane l’unico passaggio diretto tra Libia e Europa, via Sicilia, se si esclude l’uso di enormi navi per trasporto di gas e petrolio, non nella disponibilità attuale della Turchia. Si configura l’eventualità di dover pagare ai turchi appoggiati dai russi in transito su Green Stream: una follia!
Per tornare alla domanda posso confermare che la Turchia va avanti per la sua strada di non rispetto di regole e trattati.
Giuseppe Morabito
Emanuela Loccii