Che gli stranieri siano da sempre innamorati della cucina italiana è risaputo ma che questa sia un elemento determinante nella scelta di una destinazione e nella progettazione del proprio viaggio in Italia è un fenomeno che solo da alcuni anni abbiamo cominciato ad analizzare. Da quando aziende e operatori hanno dovuto cominciare a fare i conti con una domanda ben strutturata: wine tours, lezioni di pasta fatta in casa, visite ai caseifici produttori di parmigiano e mozzarella, alle salumerie, eccetera eccetera.
Eppure il turismo gastronomico ha da sempre interessato il Bel Paese, mostrando una crescita costante nel tempo. Dopotutto quale miglior veicolo del cibo per raccontare l’anima di un territorio, in un intreccio suadente dove si mescolano storia, cultura, tradizioni, paesaggio?
Emozioni uniche capaci d’imprimersi nella mente del viaggiatore, oggi sempre più al servizio di Enti, operatori turistici e tutto quel variegato mondo imprenditoriale che ha trovato in questo universo esperienziale, nuova linfa vitale per il proprio business.
L’Italia del cibo fa viaggiare stranieri e italiani: tutti i numeri del turismo enogastronomico
Spiccano i numeri record del 2017: con oltre 110 milioni di presenze per le quali la componente enogastronomica è stata cruciale nella scelta della destinazione ed una spesa complessiva che ha superato i 10 miliardi di euro (pari al 15,1% del totale dell’indotto turistico), l’Italia del food tourism si conferma al top per offerta e presenze. I dati ufficiali sono stati divulgati dal rapporto elaborato dall’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche di Unioncamere (ISNART)1 che sottolinea come il legame cibo-territorio piaccia agli stranieri ma sempre più anche ai nostri connazionali: il 43% dei soggiorni – evidenzia il rapporto – è dovuto al turismo italiano (47 milioni di presenze), mentre gli stranieri sono stati oltre 63 milioni, coprendo il 57% delle presenze. Sempre più italiani insomma si lanciano alla scoperta di Regioni differenti dalla propria, attratti dall’assaggio di piatti tipici in ristoranti che parlano la lingua del territorio (73%), dalla visita ai mercati a filiera corta (70%) e dall’acquisto di cibo “di strada” (59%).
Numeri raddoppiati rispetto all’anno precedente, merito anche delle strutture che nel corso degli ultimi anni hanno cominciato ad organizzarsi per fornire risposte ad una domanda sempre più articolata. Una offerta sempre più integrata anche nei siti web turistici delle Regioni italiane, dove il viaggiatore può cercare luoghi ed itinerari dove gustare le eccellenze enogastronomiche, prenotare esperienze tematiche e soggiorni a tema.
Cantine e Agriturismi, punte di diamante del turismo enogastronomico italiano
Una opportunità di business e pubblicità, quella del turismo gastronomico, colta sin dall’inizio dalle cantine italiane: il Primo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 20182 sottolinea come, a livello mondiale, il 55% dei turisti enogastronomici siano anche turisti beverage, attratti dalla variegata offerta vinicola italiana che, partita prima rispetto agli altri comparti del settore, ha forse avuto più tempo per organizzarsi e strutturarsi. In un campione di 2.050 aziende vitivinicole censite nell’anno 2017 da “La Guida Oro – I vini di Veronelli“, sarebbero già il 66% le realtà che hanno inserito nella propria offerta anche servizi di accoglienza turistica. Al primo posto la Toscana (18%), seguita da Piemonte (14%) e Veneto (6%).
E se la Francia fu apripista col wine tourism nelle Routes des Vins di Bordeaux ed ancor oggi guida saldamente la classifica turistica a livello mondiale, noi non abbiamo nulla da invidiare ai colleghi d’Oltralpe: siamo seduti su un patrimonio forte di 294 specialità Dop/Igp registrate, circa 523 vini Docg, Doc e Igt e 5.065 prodotti tradizionali censiti dalle regioni. A questi dati si aggiungono le quasi 60mila aziende agricole che hanno sposato la filosofia biologica, le 40mila impegnate nel custodire semi o piante a rischio estinzione, i 99 musei etnografici che narrano la civiltà contadina e l’evoluzione della vita rurale3 e l’importantissimo primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,6%).
A questi dati si aggiungono quelli di Coldiretti: nel 2017 le quasi 23 mila aziende agrituristiche italiane hanno superato la storica soglia di 13 milioni di presenze. Segreto del successo i menu locali a base di prodotti freschi a km0, le ricette della tradizione, le tante attività collaterali per tutta la famiglia: equitazione, tiro con l’arco, trekking ma soprattutto corsi di cucina, di orticoltura, di uso delle erbe e chi più ne ha, più ne metta!
Ma chi è il turista enogastronomico?
Fondamentale per Enti ed imprese per iniziare a pianificare le strategie più adeguate in risposta ad un modo di viaggiare che non accenna a scemare è comprendere chi è questo nuovo tipo di turista.
Il viaggiatore enogastronomico è una persona acculturata ma soprattutto curiosa: ben prima della partenza pianifica il viaggio in autonomia, consultando guide e soprattutto, negli ultimi anni, affidandosi al web ed ai social networks, dai quali si aspetta uno storytelling capace di far lui pregustare le emozioni che vivrà in loco. É un turista interconnesso, che una volta sul posto trasforma il suo viaggio in una esperienza collettiva e “social“, da condividere sulle piattaforme e continuare a gustare anche quando rientrerà a casa. Ha inoltre una maggiore propensione alla spesa: possiede un budget consistente da impiegare nell’acquisto di cibo e bevande ed è maggiormente incline alla visita di singole realtà produttrici piuttosto che alla partecipazione a tour ed esperienze a pagamento. L’analisi condotta da Coldiretti sulla base dei dati ISNART-Unioncamere afferma infatti che tra pasti ed acquisto di prodotti, circa il 40% della spesa degli stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola, quasi il doppio rispetto a quella prevista per l’alloggio.
Insomma, quello enogastronomico è un turista esigente, che durante la vacanza vuole sperimentare la località a 360°, affiancando alla visita dei maggiori luoghi di interesse artistico, naturale e storico/culturale anche la degustazione di ricette e cibi del territorio. E solo in pochi casi è un viaggiatore monotematico: la maggior parte di questi viaggiatori predilige percorsi misti nei quali unire vino, birra, distillati a prodotti e piatti tipici. Sempre il rapporto ISNART sottolinea come ben il 13,1% partecipi a degustazioni di prodotti enogastronomici locali, l’8,6% acquisti prodotti artigianali ed enogastronomici ed il 6,6% prenda parte ad eventi enogastronomici durante il soggiorno. Numeri che, spalmati sul totale delle presenze, aprono nuovi ed interessanti scenari anche a quelle realtà poco considerate dal turismo di massa: piccoli borghi in via di spopolamento, località tradizionalmente fuori dalle rotte dei tour operators e soprattutto singole realtà produttive meno blasonate.
Insomma il futuro dell’industria del turismo enogastronomico appare luminoso, con un ventaglio di opportunità pressoché infinito per le grandi e le piccole aziende del nostro Paese, per le quali diventa sempre più impellente la necessità di fare rete ed integrare la propria offerta con quella dei rispettivi territori per non rischiare di restare ai margini del fenomeno.
Ci vogliono competenze manageriali certo ma prima di tutto la volontà e la capacità di raccontare una storia, unica e peculiare nel suo genere. Dal canto suo le recenti dichiarazioni del Ministro Gian Marco Centinaio ed il trasferimento della delega al Turismo dal Ministero dei Beni Culturali a quello dell’Agricoltura sembrano far ben sperare in un serio impegno delle Istituzioni in direzione del turismo enogastronomico: qui le dichiarazioni del Ministro.
1 Il Rapporto ISNART “Il turismo enogastronomico in Italia 2017” è scaricabile al seguente link: http://www.isnart.it.
2 Il Primo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2018, sviluppato sotto l’egida dell’Università degli studi di Bergamo e della World Food Travel Association, ha il patrocinio di Touring Club Italiano, di Ismea Qualivita, Federculture e la collaborazione del Seminario Permanente Luigi Veronelli e di TheFork. Coordinatrice la Prof.ssa Roberta Garibaldi. Un estratto è disponibile a questo link http://www.robertagaribaldi.it/wp-content/uploads/2018/01/ABSTRACT_Osservatorio_Turismo_Enogastronomico.compressed.pdf.
3 I “Musei del gusto” sono stati censiti a partire dagli elenchi pubblicati da BAICR Sistema Cultura (2007) e Il Cercatore di Perle (2014) e pubblicati nel Primo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2018, di cui sopra. Ad oggi non esiste una mappatura ufficiale di queste piccole e virtuose realtà.