Morire per amore, morire per il dolore. È la triste storia di una femmina di cigno che si è lasciata morire dopo che il suo compagno nei giorni scorsi è stato trovato con il collo spezzato.
Martedì scorso è stata trovato morto l’esemplare maschio che viveva lì, insieme alla sua compagna, in un parco della provincia di Vicenza. L’animale aveva il collo spezzato. In attesa del referto ufficiale dell’Istituto Zooprofilattico, che si avrà a giorni, si ipotizza che la morte sia stata provocata volontariamente: con ogni probabilità è stato «ucciso a bastonate».
La sua compagna non ha retto al dolore: «La femmina si è lasciata morire. Si vedeva che stava male, non mangiava più e temevamo finisse così» ha commentato il sindaco del paese. È caratteristico di questa specie, caratterizzata da legami monogamici che durano molti anni, che i compagni o le compagne non sopravvivano a lungo quando muore uno dei due.
Una piccola storia, una goccia in questo mare di violenza nel quale navighiamo, che insegna tanto però. Ci ricorda che le uniche bestie sulla faccia della terra siamo noi “umani”, se mai ce lo fossimo dimenticato. Ci ricorda cosa è l’amore, quello con la a maiuscola, sempre più raro nell’Era 2.0.
L’eleganza del cigno, la bellezza della vita, contro la banalità del male – come l’avrebbe chiamato la filosofa tedesca Hannah Arendt. Perché voi che avete spezzato il collo ad un cigno, e il cuore al suo amore, della vita non avete capito proprio nulla.
Arriverà il momento in cui lo capirete, ma sarà troppo tardi. Sarà il vostro canto del cigno, prima della fine.