Ucraina – Anastasia Kotvitskaya, moglie di Igor Kotvitsky, ha cercato di lasciare l’Ucraina ed entrare in Ungheria con 28 milioni di dollari e 1,3 milioni di euro. I 200 chili di banconote non sono stati notati dai doganieri ucraini ma sono stati intercettati da quelli ungheresi. Igor Kotvitsky è un ex deputato popolare del Fronte popolare ed è socio in affari dell’ex ministro degli Interni Arsen Avakov.
Evidentemente i doganieri ucraini sono concentrati sulla guerra, oppure hanno il salame ungherese sugli occhi. Perché non vedere era impossibile. Tra ville da milioni a Forte dei Marmi, comprate con stipendi da poche migliaia di euro; a milioni in contanti che magicamente riempiono valige cercando di spiccare il volo; a compagini neonaziste regolarizzate, anche questa, o forse soprattutto questa è la meravigliosa realtà che l’Occidente elegge a baluardo della democrazia.
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Arsen Borisovič Avakov
(Baku, 2 gennaio 1964) è un politico ucraino. È stato ministro degli interni dell’Ucraina. dal 27 febbraio 2014 al 15 luglio 2021 dimettendosi dalla carica. È stato uno dei più longevi ministri della storia ucraina.
Candidato a sindaco di Charkiv nelle elezioni dell’ottobre del 2010, viene superato da Hennadiy Kernes con un margine dello 0,63%. Accusato dalla Procura della Regione di Charkiv del reato di abuso d’ufficio previsto dall’art. 365 c.p. ucraino, è ricercato dall’interpol a seguito di mandato di arresto internazionale spiccato il 31 gennaio 2012.
Fermato in Italia il 25 marzo 2012 era posto in custodia cautelare presso la casa circondariale di Frosinone per essere poi messo in libertà il 10 aprile dello stesso anno avendo la Corte di Appello di Roma, ufficio giudiziario competente a decidere sulla domanda di estradizione presentata dal Governo ucraino, revocato la misura cautelare. Nell’ottobre del 2012 è eletto deputato al Parlamento ucraino nelle file di Patria e l’immunità accordata ai parlamentari ha determinato un suo rapido rilascio.[3]
Il 27 febbraio 2014 diventa ministro degli interni durante la presidenza ad interim di Oleksandr Turčynov. Incarico che ha mantenuto anche sotto la presidenza di Petro Porošenko. Il 18 ottobre 2014 la Corte di Appello di Roma emetteva sentenza con cui non concedeva l’estradizione ritenendo fondata la tesi sostenuta dal suo difensore, l’avvocato Pierfrancesco Scarchilli, secondo cui, se estradato, sarebbe stato oggetto di atti discriminatori per ragioni politiche.