Che bello spettacolo, signore e signori, il Calcio Storico andato in campo nell’infausta data dell’11 settembre. Un calcio, nel deretano, alla tradizione e all’onore di una città, Firenze, fiera, e forte di un’identità consolidata in secoli di storia.
Solo un uomo ha gioito, affidando ad un tweet il suo sentire laccato: “Emozione e adrenalina. Bentornato Calcio Storico!”. Ah, perché il Calcio Storico sarebbe tornato? Con quel fisico da sollevatore di polvere e quella faccia di nerd mono espressiva; lei che non distingue un pugno da un calcio, un ko da un ok, il Calcio Storico dal calcio alla Storia – ma che vuole saperne, lei? Nemmeno i natali, a lei che è nato a Torre del Greco, vengono in soccorso, caro sindaco.
Tradizione e identità calpestate per uno spot nel mondo
La tradizione poggia le sue profonde radici sull’orgoglio cittadino, l’identità, la Storia. Quello andato in scena ieri è uno spot di terza categoria ad uso e consumo di tutti, fuorché di Firenze e dei fiorentini.
Due Colori a contendersi un torneo, che inizia e finisce in finale. Un’arena che più che di sabbia sembra cosparsa di segatura. Vuota, desolata, nuda. Il Nulla, inferto ad una città, che per i fiorentini è Tutto. Gli spalti deserti, a far da specchio al deserto sabbioso in campo.
Azzurri contro Verdi: una battaglia resa impari da un arbitraggio partigiano e dilettantesco, da riprese televisive da sagra della porchetta, condite da una telecronaca ansiolitica e deprimente. Due cronisti che forti del loro ritmo geriatrico, andrebbero spediti dritti dritti a commentare i tornei di scacchi amatoriali.
Il meglio che sono riusciti a fare, Omero e socio, è stato distinguere l’azzurro dal verde. Di associare il nome di un calciante alla faccia non c’è stato verso. Neppure con l’ausilio dei tatuaggi che i calcianti li marchiano e contrassegnano. Niente. Nomi a caso, per facce tumefatte.
Sarà per il prossimo anno. Questo, non me ne vogliate cari adrenalinizzati del Nulla, preferisco gettarlo nel buco della memoria.
Viva Fiorenza, quella vera.
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