Un mese fa è morto il centenario Henry Kissinger

Un mese fa è morto il centenario Henry Kissinger

Per decenni la politica internazionale ha fatto i conti con le sue indicazioni, ha difeso con dedizione e intelligenza i sistemi democratici occidentali.

La sua vita è nota: in fuga dalla Germania nazista verso gli USA e qui una brillante carriera di studioso e di politico. Sono note le sue origini ebraiche, il suo pragmatismo, la sua riconosciuta intelligenza, una personale umanità che gli valsero il Premio Nobel per la Pace nel 1972: premio non ritirato perché il “duro” co-premiato nordvietnamita Le Duc Tho, col quale aveva negoziato la fine della guerra in Vietnam, aveva rifiutato il premio: in realtà i preliminari di pace negoziati da Kissinger furono disattesi dai Nordvietnamiti, molto più disinvolti di lui in termini di real politik e molto più sostenuti dalle nostre piazze che plaudivano “all’eroico popolo del Vietnam”:

Il Comunismo arrembante, per fortuna di tutti e intelligenza anche di Kissinger, mai arrivò a casa nostra

Poi la oscura vicenda del Watergate costrinse Nixon alle dimissioni e consentì ai “pacifisti” democratici di finire la guerra “ad ogni costo”.

Con la conseguente inaffidabilità che aleggia sulla politica estera USA e dell’intero Occidente. Ahimè confermata dalla identica fuga dall’Afganistan ordinata da Biden un paio di anni fa.

Kissinger sapeva che i regimi di sinistra eliminano ogni contrasto interno: se la nomenclatura decide “che la cosa sia giusta” (Orwell) il consenso è garantito, mentre le democrazie Occidentali più che dai nemici esterni devono guardarsi dai “pacifisti” interni che fanno i cortei, addebitano colpe di ogni genere ai propri governi, e, appagati, tornano alle comodità e agli agi garantiti dal sistema contro cui manifestano.

Kissinger sapeva che il “pacifismo” è antioccidentale, nostalgico, costruttore di falsi miti come “l’eroico popolo del Vietnam” o il “martire” cileno Allende.

Questa attitudine antidemocratica cova come brace e raggiunge apici di delirio nei momenti di crisi internazionali: onore alla povera Giulia Cecchetin, vittima di un orco occidentale che diventa il simbolo di un nostro odioso patriarcato, ma contemporaneamente Viva Hamas che sottopone le donne palestinesi alla sharia: oggetti inerti, senza diritti, senza voce, res loquentes direbbero i latini, sottratte perfino alla vista, avvolte negli stracci neri, la divisa della schiavitù che l’Islam impone alle proprie donne.

E neanche una voce per le donne israeliane violentate, uccise, squartate!

Questa è la “piazza” di oggi, una musica uguale a quella “dell’eroico popolo del Vietnam” (copyright della delegazione sovietica al festival di Berlino 1970, diventato titolo de L’Unità e slogan gridato in mille piazze).

Tutte cose chiare nel pregevole cervello di Kissinger, che tuttavia mai lo indussero a ricercare risposte violente alla violenza della controparte, che allora era solo comunista mentre oggi è anche islamista.

Anzi il mondo gli deve la dottrina di risposta “morbida” al nemico, opposta alla risposta nucleare aggressiva suggerita da Foster Dullas.

Al contrario del feticismo negativo degli intellettuali (così detti) della sinistra anche nostrana, c’è da chiedersi se la “dottrina Kissinger” abbia raggiunto i risultati attesi e quale sia stato e tuttora ne sia il costo: noi facciamo concessioni, tolleriamo piazze anche violente, accogliamo profughi, concediamo libertà di culto, non ci opponiamo alla importazione nella nostra terra di modelli di vita condannati dalle nostre leggi (inapplicate agli immigrati), senza chiedere il minimo che si chiede a chi entra a casa tua: non sfasciarmela.

La “controparte” condanna il nostro modello di vita: siamo infedeli per l’Islam, imperialisti per il residuo comunismo mondiale, colonialisti per gli africani, inquinatori per la “nuova generazione”, predatori per tutto il “Terzo Mondo”, ma soprattutto per i connazionali che, tutelati e pingui, scendono in piazza.

La “Controparte nulla concede: provate ad entrare in Corea del Nord, provate a diffondere in Cina un flatus vocis contrario al regime, provate a parlare di cristianesimo o di libertà di religione in Iran, in Afganistan, via via fino all’Arabia Saudita

Kissinger difese il sistema democratico occidentale consapevole che esso assicura un benessere incomparabile con gli altri “sistemi”: disponiamo di supremazie di ogni genere, poco utilizzate anche per i “nemici” interni che vanno sulle piazze a favore del nemico esterno, scrivono sui giornali, fanno meeting ed incontri, fabbricano slogan e falsi miti, proseguono la attività di quelli che in buona o cattiva fede esaltavano l’esperimento sovietico, quelli che Lenin chiamava “utili idioti” (sic).

La cultura di tolleranza e di amore cristiano che è la radice profonda del nostro modello di vita fa il resto.

Kissinger ha sempre cercato mediazioni con ogni controparte, mai tradendo però la sua appartenenza alla civiltà occidentale prima ancora che alla linea politica del suo governo o del suo partito (era Repubblicano).

Fu accusato di aver sostenuto il “golpe” di Pinochet in Cile, uno dei falsi miti più clamorosi messi in scena dalla sinistra internazionale, paragonabile per affinità geografica a quello cubano di Fidel Castro e del correlato eroe pop Che Guevara.

Nessuno sa quanto Kissinger sia stato coinvolto nella ascesa di Pinochet, pare invece che avesse chiaro lo stato reale del Cile, a fine 1973, dopo tre anni di Governo Allende:

inflazione al 605,9%, PIL – 5.7%, potere di acquisto reale dei salari – 24%

Miseria diffusa, disfunzioni dei servizi essenziali statalizzati, ostacoli imposti alla libertà, emarginazione degli oppositori politici e culturali, aspirazione al partito unico, 25.000 miliziani cubani a far da guardia del corpo a un Allende che sfruttò i giochi di palazzo consentiti dai sistemi “borghesi” per impadronirsi del potere e imporre le “nuove regole” che portarono  il Cile alla guerra civile, allo sciopero dei traporti dei settembre 1973, alla tragica fine di questo comunista velleitario, vessatorio e pasticcione.

Non sto dicendo che Pinochet sia stato l’Arcangelo Gabriele, bensì che l’Arcangelo Gabriele non fu Allende, come Kissinger ben sapeva e come invece continuano a dire i suoi agiografi.

Nel suo pragmatismo Kissinger aveva acquisito che numeri e situazioni simili si ripetono con puntualità tutte le volte in cui un comunista conquista con le buone o le cattive maniere il potere in uno Stato.

La vita politica di quest’uomo comincia con J.F. Kennedy e finisce un paio di mesi fa con Biden: incontra  Mao e incontra Xi Jin Ping, negozia con la nomenclatura sovietica e con Putin, apre i rapporti con la Cina per isolare l’Unione Sovietica, costruisce i trattati SALT (limitazione delle armi strategiche/nucleari) e ABM (antimissili balistici) che evitano la temuta guerra “totale”, fa il “consigliere ombra” di Trump, di cui dice testualmente: “Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana”.

Mai stupidamente partigiano: di Barack Obama apprezzava pubblicamente “l’alto livello della sua intelligenza”.

Dal Cremlino ci pervengono i commenti di Putin “Era saggio e con una visione”, e del vicepresidente del Consiglio della Federazione Russa Konstantin Kosachev: “uomini così non ne fanno più”.

Gli intellettuali occidentali di “sistema” sono invece critici e danno giudizi negativi: più che storici o analisti sono i bigotti chierici di una sinistra che mistifica e recalcitra: vuoi mettere Mao, Molotov, Fidel, Maduro!

Invece c’è da augurarsi che “uomini così” ne nascano ancora tanti: che riposi nel paradiso dei giusti!

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