“Ricordare Alfredo significa ricordare anche Angelo Licheri, l’uomo che mise a rischio la sua stessa vita per cercare di salvare il bambino, esempio di sconfinato altruismo.”
Così esordisce Stella Liberato, giovane professionista brindisina che vive a Roma da anni. Sta portando avanti un progetto per realizzare murales per Alfredo Rampi, per tutti Alfredino.
“Angelo Licheri lo avevo conosciuto telefonicamente, si era dimostrato entusiasta del progetto, come lo era per tutto ciò che riguardava la vicenda. Viveva in una clinica a Nettuno le sue condizioni di salute erano compromesse a causa di un diabete molto grave.
Gli avevo promesso che lo avrei portato all’inaugurazione appena realizzata l’opera. Purtroppo, non potrò”.
Ora necessitano fondi per realizzare l’opera, affinché non resti solo un progetto.
Le parole di Stella Liberato
Come si è interessata alla vicenda di Alfredino?
“Quando successe ero molto piccola. Negli anni ne avevo sentito parlare. Quelli della mia generazione hanno sempre conosciuto la vicenda.
Poi in occasione del quarantennale ho visto la serie tv e mi sono documentata leggendo il libro di Massimo Gamba. “Alfredino- L’Italia nel Pozzo”, sia il film sia il libro restituiscono una verità storica di quanto accadde.
La conoscenza dei fatti mi ha provocato un senso di rabbia e frustrazione. Tutto ciò che è accaduto ha dell’incredibile, la realtà davvero supera la fantasia talvolta.”
In che senso?
“I fatti storici mostrano l’illegalità dilagante, infatti il pozzo era abusivo come lo erano i lavori. Mancarono le competenze adeguate sul luogo e mancò l’organizzazione adeguata. Mancò un soccorso organizzato.
Perché?
La Protezione Civile esisteva ma solo sulla carta. Non erano stati nominati i vertici, come era previsto.
Dunque chi aveva la competenza non era operativo.
Il capo dei vigili del fuoco dell’epoca, si assunse competenze che non erano sue e diresse le operazioni di salvataggio, mancavano i mezzi materiali. Il destino beffardo volle che la responsabilità di quanto accaduto non si poté essere attribuire a nessuno. Il proprietario del terreno morì prima che si concludesse il processo a suo carico, che seguì all’incidente. Il magistrato che si occupò delle indagini definì l’incidente una tragedia di Stato”.
Quindi l’incidente fu provocato dal non rispetto della sicurezza sui cantieri?
“Purtroppo si, il pozzo non fu adeguatamente coperto. Ma non vorrei ripercorrere la tragedia che tutta l’italia conosce, è oramai storia. Ciò che mi preme da cittadina, da italiana e da madre è che continua a dilagare l’illegalità e l’incompetenza in vari contesti. Come si può constatare ogni giorno.”
Ci furono anche molte critiche per l’eccessiva mediaticità del caso…
“Se ne parla spesso della curiosità morbosa quando si fa riferimento alla vicenda. Anche questo è desolante, perché l’attenzione non dovrebbe essere posta sul caso mediatico ma sulle cause della tragedia.”
Come le è venuta l’idea di realizzare proprio murales?
“La ritengo una nuova forma di arte molto in sintonia con i nostri tempi. Vivo nel quartiere Garbatella, qui ad esempio questa nuova forma di comunicazione è stata usata efficacemente. Per una campagna di prevenzione sul tumore al seno e per divulgare i principi della costituzione. Due opere significative che sono state molto apprezzate. Trovo che i murales siano di grande impatto e riescano a lanciare dei messaggi efficaci. Al Municipio Roma VIII (Garbatella), ho già proposto il progetto ed ha mostrato vivo interesse. Tuttavia, le recenti elezioni hanno determinato l’arresto di una serie di attività.”
Un’opera da realizzare a Roma quindi?
“Assolutamente si. Roma è la città di Alfredo, è la capitale d’Italia, luogo in cui hanno sede le istituzioni, come la protezione civile che è divenuta operativa su impulso della tragedia. L’obiettivo del Murales è quello di raccontare l’evento alle nuove generazioni, affinché non resti un fatto di cronaca degli anni 80. Ma un fatto da cui trarre insegnamenti fondamentali per tutti. Il murales vuole promuovere i principi di rango costituzionale della legalità, delle competenze e della solidarietà, quella di chi ha messo a rischio la propria vita per salvare quella del bambino.”
“La tragedia è stata la genesi per la nascita concreta della protezione civile, ma le nuove generazioni questo non lo sanno.”
“Inoltre, la famiglia di Alfredo ha creato una onlus (http://www.centrorampi.it/) che da quarant’anni si occupa di protezione civile e psicologia dell’emergenza. Mettendo a disposizione competenze e professionalità e svolgendo attività ad alto valore aggiunto per bambini e adolescenti.”
L’iniziativa è stata appoggiata ufficialmente dall’Associazione che porta il nome di Alfredo?
“Sì. Il progetto immaginato con tutte le buone intenzioni possibili, ma per me era fondamentale che il Centro Alfredo Rampi, che rappresenta la famiglia, esprimesse un parere favorevole e così è stato. Un tributo a questo bambino sfortunato mi sembra doveroso, giusto e necessario.”
Avendo avuto modo di conoscerlo come definirebbe Angelo Licheri?
“Una persona meravigliosa, disponibile allegra molto affettuosa. Lui è davvero il simbolo dell’altruismo più puro. Sì sacrificò fisicamente riportando gravi ferite ma soprattutto perdendo la pace interiore, visto che non si perdonava di non essere riuscito a salvare Alfredo.”
“Un esempio di umiltà incredibile, non accettava di essere definito un eroe. Ha spesso rifiutato riconoscimenti e non ha mai accettato soldi.”
Se qualcuno volesse donare per la realizzazione del murales?
“Gliene saremmo molto grati. Anzi colgo l’occasione di questo spazio per chiedere agli italiani di ieri e di oggi di aiutarmi a realizzare il progetto, basta un piccolo contributo da parte di tanti, la vicenda ha squarciato l’Italia tutta ed è restata nel cuore. Chiedo un aiuto concreto, per Alfredo e per valorizzare gli insegnamenti che sono scaturiti dalla tragedia.”
“Abbiamo già raccolto una piccola somma, ma l’operazione ha dei costi inevitabili. Il denaro che avanzerà dopo aver coperto i costi dell’opera sarà donato al Centro Alfredo Rampi come segno di riconoscenza per l’impegno sociale e civile.”
“Donare è davvero semplicissimo, e lo si può fare in totale anonimato.”
“Basta cliccare qui e inserire il proprio numero di carta sulla nota piattaforma GO FOUND ME, che raccoglie denaro per diverse iniziative benefiche.
Spero nella generosità degli italiani mi auguro che sia potente come la solidarietà mostrata quarant’anni fa.”
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