UN OMICIDIO A STOCCOLMA

UN OMICIDIO A STOCCOLMA

A Stoccolma, l’altro ieri, è stata uccisa una persona. Colpi di arma da fuoco che non hanno lasciato scampo al malcapitato il quale, nonostante il ricovero in ospedale, non ce l’ha fatta. Un brutto omicidio insomma.

Qualcuno potrebbe dire che, alla fine, niente di strano è accaduto

Anche nelle grandi capitali del nord Europa, al netto delle idealizzazioni di cui sono sovente oggetto da parte degli esterofili in servizio permanente, esiste il crimine e quindi può capitare che qualcuno venga ucciso, magari nella propria casa, magari mentre è in diretta social.

Però, non tutti sono Salwan Momika

Non tutti hanno dato fuoco a una copia del Corano davanti alla moschea di Stoccolma e davanti all’ambasciata irachena.

Non tutti, insomma, sono diventati un simbolo di qualcosa!

E quando muore un simbolo, le domande si moltiplicano a dismisura

La polizia sembra abbia già fermato ben 5 persone per questo omicidio brutale in diretta social, anche se non si conosce ancora il movente dell’azione criminosa; quindi ogni valutazione è davvero prematura. Ma sicuramente Momika, per il suo gesto eclatante, non era certo amato.

Quando compì la sacrilega impresa, seguirono proteste in tutto il mondo islamico e certamente non può essere escluso che qualcuno abbia proclamato una fatwa nei confronti dell’iracheno.

Né può essere escluso che qualcuno abbia deciso di eseguire quella sentenza di morte nei confronti di un uomo che aveva scelto – nella maniera più appariscente possibile – di dichiarare guerra all’Islam.

Un gesto sconsiderato, indubbiamente, che potrebbe aver concorso a determinarne la morte per omicidio e che già era motivo per cui Momika e il “socio” erano stati sottoposti a processo penale per incitamento all’odio razziale

L’udienza si sarebbe dovuta tenere in questi giorni ma la sua morte ne ha comportato il rinvio al 3 Febbraio (probabilmente adesso a carico soltanto del coimputato). Non sono a conoscenza se anche nell’ordinamento svedese viga o meno il principio del “mors omnia solvit” ma è sicuro è che Momika ormai non potrà rispondere alla giustizia terrena dei suoi gesti.

Non più!

Dicevo che al momento non si conoscono i dettagli soprattutto quelli sul movente, quindi ogni parola rischierebbe di essere di troppo e di venir smentita immediatamente.

Certo è che se l’omicidio fosse collegato al gesto platealmente blasfemo compiuto qualche anno fa, non ci sarebbe da dormire sonni tranquilli.
Alla fine risulterebbe – ripeto, il condizionale è d’obbligo – una vicenda di estremismi contrapposti, di violenza uguale e contraria che potrebbe avere conseguenze “culturali” importanti non solo in Svezia ma in tutta Europa.

È innegabile, infatti, che esiste un problema con l’Islam radicale, con le sue predicazioni sovente incomprensibili perché recitate in una lingua – quella araba – che non è certamente di facile accesso e comprensione. Insomma, non si sa bene con certezza cosa venga predicato nelle moschee soprattutto quelle non ufficiali sparse per l’Europa, e non sussistono meccanismi di controllo realmente efficace sulla possibile radicalizzazione di soggetti anche isolati che potrebbero prendere iniziative pericolose

Purtroppo è già successo, e non sempre i meccanismi di intelligence e/o le indagini di polizia riescono ad agire tempestivamente e in via preventiva.
Dall’altro lato, esiste anche un pericolo di radicalizzazione di segno contrario, quella cui ha dato origine alle iniziative di Momika. L’odio per l’islamico simbolo di una migrazione incontrollata, di una criminalità diffusa e infine della volontà di colonizzazione culturale del continente è ben presente in certe fasce della popolazione.

La violenza giace latente sotto la superficie di società sempre più complesse in cui l’integrazione diviene chimerica sepolta sotto la realtà del fallimento del multiculturalismo. UN contesto difficile che si salda a un impoverimento generalizzato di larghi segmenti della popolazione che di conseguenza sono portati ad esacerbare i toni e a rinchiudersi dentro i fortini identitari delle culture di appartenenza.

E, in questo contesto, bruciare il testo sacro di una religione non è mai un buon segnale, perché significa in qualche modo negare violentemente l’afflato spirituale che ciascuno legittimamente ha e che riconduce a una certa tradizione stratificata nel tempo anche grazie a quei testi

In altre parole si rischia di sdoganare l’intolleranza come metodologia che tuttavia genera una spirale di violenza davvero incontrollabile

Insomma, una protesta così eccessiva è pericolosa tanto quanto la radicalizzazione islamica. Naturalmente ciò non deve né può essere una scusante per chi ha compiuto l’omicidio del Momika, che deve essere severamente punito ai sensi della legge perché togliere la vita a qualcuno è comunque sempre sbagliato oltre a essere un gravissimo reato e anche un peccato mortale per tutte le tradizioni religiose.

Certo, nell’Islam il tema dell’uccisione di un apostata o di un infedele è materia dibattuta. Il fatto poi che non esista un’Autorità religiosa riconosciuta universalmente che possa dire cosa è certamente giusto o cosa è certamente sbagliato dal punto di vista religioso, rende la materia molto spinosa, lasciando ai singoli le interpretazioni della lettera della legge anche molto varie e diversificate fra loro

Si va dalle visioni molto moderate per cui è sempre peccato uccidere una persona indipendentemente dal credo o dai comportamenti, a quelle più estremistiche per cui l’uccisione dell’apostata (o di un infedele) è espressione di un preciso comandamento religioso.

Sbrogliare la matassa non è possibile dal punto di vista religioso, al netto del fatto che per la legge penale, la questione della legittimità religiosa dell’omicidio non rileva minimamente (e per fortuna!). L’omicidio si punisce sempre e comunque.

Ma il tema invece diventa fondamentale dal punto di vista culturale e dà il senso di quanto il radicalismo islamico potrebbe essere già fortemente infiltrato, magari mediante agenti insospettabili, nelle nostre società

Come difendersi da ciò, non è cosa di poco conto. Non ora, non dopo vent’anni di invasione demografica di popolazioni provenienti da quei luoghi, le cui reali intenzioni rimangono nascoste. Non dopo l’11 Settembre 2001 che rappresenta uno spartiacque ineliminabile nel rapporto con il mondo musulmano.

Insomma, se l’omicidio di Salwan Momika fosse riconducibile ai suoi discutibili gesti, aprirebbe la porta a domanda molto inquietanti sul futuro dell’Europa con un grado di imprevedibilità nei comportamenti di ciascuno che renderebbe davvero la nostra sicurezza una variabile del tutto casuale

In fondo, il terrorismo a matrice islamica è un incubo che ricorre frequentemente nelle società europee colorandosi di episodi tragici, seppur apparentemente isolati (i c.d. lupi solitari) la cui prevenzione è sempre più difficile.
Se, al contrario, fosse un omicidio per rapina, o cose del genere, potremmo, per paradosso, quasi tirare un sospiro di sollievo (con il dovuto rispetto per la vita umana, s’intende), ma onestamente non ci giurerei.

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