Sono anni che si discute di un problema divenuto ormai annoso ed endemico all’interno della nostra società civile-democratica che è quello attinente alla magistratura “politicizzata”.
Problema, tra l’altro, che ha raggiunto la punta dell’iceberg con la nota vicenda “Palamara”. Nonostante questo, nulla sembra essere cambiato rispetto a ieri.
Una premessa iniziale è però doverosa; quando si parla di magistratura “politicizzata”, l’argomento non va, però, troppo generalizzato ed enfatizzato; ci sono tantissimi e validissimi magistrati che quotidianamente svolgono il proprio operato con diligenza e professionalità, con l’assunzione di comportamenti di vita privata che non intaccano minimamente con l’esercizio dell’attività professionale.
Negli ultimi giorni, alla ribalta, è “esplosa” la figura della Dott.ssa Iolanda Apostolico
Il giudice in questione – ricordiamo lavora nel gruppo specializzato per i diritti della persona e della immigrazione della prima sezione civile a Catania – non ha convalidato il trattenimento/fermo di 3 tunisini nel centro di accoglienza di Pozzallo, sconfessando il “Decreto” Cutro del Governo. E’ una vicenda che sta tenendo banco perché, a detta di molti politici, tanto di maggioranza, tanto di opposizione, i comportamenti di vita privata assunti nel recente passato dalla Dott.ssa in questione, metterebbero seriamente in discussione i principi di terzietà ed imparzialità che caratterizzano l’attività giurisdizionale di un magistrato nell’assunzione dei relativi provvedimenti. Ciò che sta facendo discutere, non è tanto il merito circa il contenuto del provvedimento adottato – dove a detta di molti giuristi di pregio, vi sarebbe un pieno rispetto della legge tanto nazionale, tanto di quella comunitaria – ma una serie di comportamenti attinenti alla sfera di vita privata. Il 25 agosto 2018, il magistrato pare essere stata ripresa mentre partecipava ad un presidio anti-vicepremier (ricordiamo che Salvini, nel 2018 era stato nominato Vicepremier durante il governo Conte I e rivestiva anche la carica di Ministro degli Interni).
Questa manifestazione era stata organizzata da un movimento rappresentativo dell’estrema sinistra per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti
In aggiunta, sul proprio profilo personale Facebook, il magistrato ha spesso rilanciato e/o condiviso, oppure messo dei “like”, agli insulti via social al leader leghista da parte del proprio marito, Massimo Mingrino.
Ad onore di cronaca, non è arrivata, dalla diretta interessata, nessuna smentita di sorta.
Sulla vicenda, non si è espresso il CSM (organo dì autogoverno dei magistrati ordinari), mentre non si è fatta attendere la replica da parte dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) nella figura del proprio Presidente, Giuseppe Santalucia, secondo il quale “si accentua la tendenza a giudicare la terzietà del giudice, che va valutata dentro il processo, andando dalla critica del provvedimento, che è legittima, allo screening della persona, cioè vedere chi è il giudice anziché guardare quello che ha scritto”.
Affermazioni non condivisibili, rappresentative di una “difesa” volta a spostare l’attenzione su altro
Se ci si impegna a diventare magistrato, superando un difficilissimo concorso, una volta assunti i pieni poteri, non si può poi pretendere di essere giudicati soltanto verso il contenuto di quei provvedimenti che il tipo di lavoro impone di assumere ma, inevitabilmente, vista la valenza pubblica della carica, anche verso tutto ciò che sta attorno, condotte di vita privata compresa. Chi decide di intraprendere questa professione, si accolla che i requisiti di terzietà ed imparzialità discendano, altresì, anche dai comportamenti di vita privata. Stupiscono, quindi, certe affermazioni da parte della ANM che sancisce come “irrilevante” la vita privata di un magistrato.
Stupiscono per la loro palese mancanza di conoscenza dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.
Un magistrato ha l’obbligo non solo di essere terzo ed imparziale, ma anche di apparire tale
Sarebbe l’ora che anche l’ANM iniziasse a comprendere che il ruolo del magistrato, cioè di un soggetto che è dotato di un potere importantissimo – come anche quello di incidere su un diritto fondamentale come la libertà delle persone con le decisioni che assume – debba apparire in tutto e per tutto terzo ed imparziale. E’ intervenuto sulla vicenda anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella: “l’imparzialità delle decisione del giudice va tutelata anche con la riservatezza delle azioni individuali”.
Le parole del Presidente della Repubblica sembrano quindi ritenere – come non essere d’accordo – che il peso delle decisioni che si assumono, non esulano e non si distaccano dalle vicende di vita privata.
Nel momento in cui un qualsiasi cittadino si trova all’interno di un’aula di Tribunale, evidentemente pretende che chi lo deve giudicare sia e appaia estraneo alle contese politiche.
Non è infatti casuale che all’interno del nostro ordinamento esistano istituti quali l’astensione e la ricusazione, applicabili in circostanze chiaramente differenziate (hanno una disciplina normativa di applicazione diversa), ma entrambi comunque prodromici ad evitare che principi di terzieta’, imparzialità e di neutralità, vadano incontro ad una “svalorizzazione”.
Oggi, più che mai, la credibilità esterna dei magistrati è un valore fondamentale in uno Stato democratico.
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