Porre sullo stesso piano un femminicidio con una pacca sul sedere, come stanno facendo le femministe nostrane, è il servizio peggiore che si può rendere alla diffusione della cultura del rispetto delle donne. E del rispetto del diritto.
Greta Beccaglia, invece, non lo sta facendo, dimostrando molta più intelligenza e sensibilità, di molte sue colleghe più grandi e famose.
Questo è ciò di cui stiamo discutendo.
Siamo fuori dallo stadio ‘Castellani’ di Empoli, al termine della partita Fiorentina – Empoli del campionato di Serie A. Finita 2-1 per l’Empoli, per la cronaca.
La giornalista Greta Beccaglia, inviata per Toscana Tv, è al di fuori del ‘Castellani’, per raccogliere le interviste ai tifosi.
Passandole accanto, uno di questi le molla, in diretta ed in malo modo, una pacca sul sedere.
Lei, cui va la nostra solidarietà e simpatia, ci rimane giustamente male, e reagisce con misurata compostezza. Ammirevole in verità.
“Scusami, non puoi fare questo, mi dispiace”, queste le parole che rivolge al tifoso, reo di un gesto maleducato e deplorevole.
Nulla di più. Pure troppo poco: un bello schiaffone probabilmente ci stava proprio bene.
È stato ripreso, l’autore della pacca, e probabilmente sarà identificato. Dovrà rispondere della sua azione. Ma solo di quella. Che non è comunque poco, è un reato.
A Greta, riconosciamo con stima la misura nel denunciare e deplorare, un gesto che l’ha sicuramente ferita intimamente, provocandole una umiliazione, ma anche e soprattutto il senso di saper dare il giusto valore, anzi disvalore, alle azioni, sia pur stigmatizzabili.
Non lo stesso possiamo dire per il resto del mondo dell’informazione, sportiva e non, purtroppo.
Il discorso, lineare e giustissimo, di Greta, che sottoscriviamo in pieno, si può riassumere così. È un gesto maleducato ed umiliante, lo denuncerà perché probabilmente lo stesso autore non vorrebbe fosse fatto alla sua compagna o a sua figlia.
Un discorso pieno di buon senso.
Che invece manca ai soloni, anzi alle solone (che da sole resteran..), che ne hanno creato un caso mediatico da cavalcare.
Il piagnisteo delle femministe
Apriti Cielo. Da sabato ogni programma sportivo e non, si apre con il ripetersi di accuse androfobe contro l’intero genere maschile.
Ogni commento veterofemminista non esita a paragonare la molestia ad un femminicidio, perché la matrice è quella: si evocano la subcultura del machismo e il maschilismo tossico. Ovviamente degli italiani. Gli stranieri probabilmente ne sono del tutto immuni.
Fosse per loro l’autore della pacca sarebbe da imprigionare, da portare al pubblico ludibrio, da porre fuori dalla società.
Questo sguaiato giustizialismo a senso unico è da respingere con forza.
Il codice penale prevede, sapientemente, una gradazione, una proporzionalità nella analisi della gravità delle condotte. Ed una previsione conseguente delle pene.
Non per tutti i reati è previsto l’ergastolo: così come violare i limiti di velocità di 10km/h non è equiparato all’eccesso di più di 60 km/h.
Tirare uno schiaffo non è omicidio, allo stesso modo palpeggiare una donna non è uno stupro, né femminicidio.
È sguaiato e volgare esattamente come la reazione strumentale che ne è scaturita dalle solite femministe indignate che non hanno perso tempo ad additare il maschio italiano come troglodita e potenziale stupratore/femminicida.
Che sia potenziale, ovviamente, lo decidono loro.
Criminalizzare le intenzioni e non le condotte è proprio dei regimi dittatoriali: l’azione di una embrionale psicopolizia caratterizzava il Terzo Reich come l’Unione Sovietica.
Un episodio deplorevole, avvenuto quando in campo, poco prima, si aderiva alla giornata contro la violenza sulle donne con il segno rosso sul viso, è ormai strumentalizzato per mettere sotto processo un intero sesso.
Detto da chi vorrebbe poi che il sesso fosse solo un’opinione, un’identità di genere.
Ricomponiamoci e diamo il giusto peso alle azioni. Rispettiamo le donne, ma anche l’intelligenza ed il buon senso.
E creiamo una cultura del rispetto delle persone, qualunque sia il sesso, il credo, le opinioni politiche. È facile, e se ci pensiamo bene, è scritto su quella Costituzione che viene tirata fuori solo quando fa comodo.
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