Storia di un vicebrigadiere morto durante il suo lavoro, ma troppo normale per i titoloni.
Emanuele Reali. Un nome come tanti, se vogliamo anche un bel nome. Che suona bene assieme a un cognome importante. Ma ai più, un nome che non racconta nessuna storia. Ed è normale così: del resto non ha picchiato nessun arrestato, non ha fatto sesso con nessuna studentessa americana. Era soltanto un “normale” carabiniere.
Era, non è. Era perché il normale Emanuele è morto, nell’adempimento del dovere direbbero le istituzioni. Più semplicemente rincorrendo un ladruncolo, un topo d’appartamento per stare con Sam Spade. Scivolando su un binario e venendo investito da un treno. Nella vana rincorsa di un delinquente che l’indomani sarebbe stato subito scarcerato da qualche giudice che avrebbe riconosciuto nel furto uno stato di necessità.
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Adesso c’è una moglie che dovrà spiegare alle sue piccolissime bambine perché loro padre non c’è più. Adesso ci sono due genitori che, contro natura, sono sopravvissuti a loro figlio.
Nessuno a Roma gli intitolerà una via, né tantomeno un’aula parlamentare. Tra pochi attimi tutti noi ci saremo dimenticati del normale carabiniere Emanuele Reali. Morto a Caserta, schiacciato da un treno mentre cercava di rendere la nostra Italia vanamente più sicura.