UNICITA’ DELLA SHOAH
Mentre Giorgia Meloni parla chiaro e riguardo la Shoah dice correttamente che è un fatto unico nella storia e una tragedia che non ha paragoni, da sinistra giungono voci discordanti che vanno nella direzione di relativizzare lo sterminio degli ebrei riducendolo a species di un genus più ampio che ricomprende altre tragedie del passato e del futuro e addirittura del presente.
Anna Foa, storica di lungo corso, esprime questo concetto in modo esplicito quando sostiene che “non bisogna chiudere la Shoah in una cassaforte identitaria, perché certe catastrofi umane si somigliano tutte”
UN punto di vista assai discutibile in cui, il tentativo palese di relativizzare l’Olocausto si rivela insidioso fino ai confini del revisionismo storico. Obiettivamente si rimane a bocca aperta non solo per l’importanza di chi se ne fa alfiere, quanto per i sottesi allibenti che ne possono derivare.
Non che la Foa non abbia ragione quando dice che il 27 Gennaio non è per gli ebrei perché loro ricordano molto bene quel che è accaduto nel secolo scorso, ma per gli altri. Sono le conseguenze che la storica ne trae ad essere sbagliate e pericolose
Il dovere della memoria sebbene destinato ad altri non deve servire da grimaldello affinché l’unicum della Shoah venga messo in discussione e perda quella valenza universale in se stessa e che è connaturata proprio a quei fatti, a quelle motivazioni, a quelle dinamiche.
E che l’intenzione, più o meno consapevole, sia quella di relativizzare la Shoah è, inoltre, evidente allorché Foa esplicita che “Una memoria confinata al solo ambito ebraico sarebbe riduttiva di fronte a un fenomeno globale come quello della guerra e dell’oppressione” volendo accomunare il delirio nazista alla guerra e all’oppressione
Ciò non può essere accettato non perché la guerra non sia terribile con il drammatico carico di morti e feriti. Ma perché lo sterminio di popolo in quanto tale, è qualcosa di profondamente diverso, di intrinsecamente malvagio e “gratuito” che non può essere accomunato a niente.
Sostenere dunque che la Shoa dovrebbe servire come monito universale contro tutti i razzismi, antisemitismo e odio, è una tesi capziosa, soprattutto quando poi si vuol connettere l’Olocausto con il presunto “massacro di Gaza” avallando una inesistente equiparazione tra lo sterminio pianificato di una razza e le drammatiche brutture della guerra
E d’altra parte, questo è un tentativo non nuovo che viene sponsorizzato non da ora da alcune associazioni che hanno rinunciato a fare presidio di memoria per divenire attori interessati su fatti di attualità, naturalmente sempre secondo una logica faziosa e partigiana (nel senso deteriore del termine).
Un panorama dunque composito ma ahimé coerente in cui la posizione di Foa rischia di divenire un inconsapevole background ideologico che si salda a quella di una certa sinistra che con sempre più convinzione, sta portando avanti un disegno per deviare la Shoah dagli ebrei e per accendere il focus Shoah su altri e diversi elementi che, seppur collegati, ne mantengono una irriducibile alterità.
Ad esempio le persecuzioni politiche e quelle dei c.d. diversi. Intendiamoci, esse ci furono e furono spietate, ma occorre sempre tenere presente il differente meccanismo ideologico e psicologico che distingue le due cose, sebbene gli esiti furono analogamente tragici.
Un conto è ciò che anima la persecuzione dell’oppositore politico, un conto è la deliberata volontà genocidiaria di un popolo
Nel nazismo, la genesi del fenomeno concentrazionario ha avuto nell’antisemitismo la sua matrice principale. È sufficiente a tal proposito leggere il Mein Kampf di Hitler per rendersene conto. Chi tenta di annacquare gli eventi, compie un errore storico e si presta alla più pericolosa delle strumentalizzazioni.
Voglio tuttavia essere chiaro
Qui non si tratta di stabilire una sorta di gerarchia del terrore, tra ebrei e non ebrei finiti nei campi di concentramento e sterminio, ma i tratta di non opacizzare lo specificum antiebraico della follia nazista. In altre parole, se gli ebrei non fossero stati ii bersagli principali della volontà genocidiaria di Hitler e compagni, i campi di sterminio non ci sarebbero stati. Gli oppositori e i “diversi” certamente sarebbero stati egualmente perseguiti e uccisi probabilmente in campi di concentramento di fatta analoga ai gulag stalinani.
Ma senza il pregiudizio antiebraico la pianificazione dello sterminio di massa, con i forni crematori, i gasamenti nelle docce e quant’altro avvenuto ad Auschwitz e altrove, non si sarebbe mai verificato
Questo è un punto assolutamente esiziale della ricostruzione storica, senza il quale – lo dico senza vergogna – si finisce dritti dritti nel revisionismo storico della Shoah.
Si tratta dunque di un piano inclinato pericolosissimo, soprattutto in questo momento storico in cui, come faceva notare Liliana Segre, si sta perdendo la memoria e presto la Shoah sarà solo un ricordo trascritto in una riga sui libri di storia e in cui l’antisemitismo è risorto (in realtà non era mai morto!) sdoganato palesemente a più livelli, persino politici e istituzionali.
E allora questo piano inclinato non può essere giustificato storicamente, né avallato politicamente, come invece qualcuno, persino associazioni culturali dedite alla propagazione della memoria, sembra voler fare
La relativizzazione della Shoa è l’anticamera della menzogna.
Che in ciò, pesino i fatti di Gaza è evidente, ma che si tenti, con la scusa di voler attualizzare la Shoah, di includervi eventi e fenomeni che niente hanno a che vedere con essa, è una barbarie culturale.
Ciò vale per la guerra e l’oppressione (come sostiene Foa) e ciò vale anche per il fenomeno migratorio (come sostengono altri)
Innanzi a questa opera di revisione culturale bisogna opporsi con forza, restituendo alla Shoah la sua valenza universale, immota nel tempo, senza alcun surrettizio tentativo di strumentalizzarla in chiave attuale! Per il bene della Memoria e per il bene della civiltà, giù le mani dalla Giornata della Memoria
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