Unless you are a jew (tranne se sei ebreo)

Unless you are a jew (tranne se sei ebreo)

Siamo al paradosso e se per un attimo abbiamo creduto che certe nefandezze fossero rimaste seppellite nel millennio scorso, ci siamo grandemente sbagliati.

No, non siamo sul palcoscenico di un teatro dell’assurdo, non sta andando in scena un dramma antisemita, a breve non si chiuderà il sipario e tutta questa messinscena non avrà una conclusione

Ma verrebbe da crederlo, quando ci si imbatte in notizie che lasciano a dir poco sgomenti: in Australia, una coppia di lesbiche ha rigettato il seme di un donatore in quanto, a farla breve, ebreo.

Sì, avete letto bene, ormai le persone non fanno nemmeno più finta di trovare una scusa. La motivazione è talmente assurda che la mente torna a quel paradosso di poc’anzi, a domandarsi se il mondo in cui ci svegliamo da cento giorni a questa parte – cioè dal 7 ottobre 2023 – non sia davvero ormai completamente fuori controllo. Sottosopra.

Qual è la motivazione del rifiuto addotta dalle due donne?

Questioni di profondo carattere etico, createsi all’indomani dell’attacco terroristico perpetuato da Hamas contro i civili israeliani e che ha portato come conseguenza la guerra. Il problema dunque è che Israele ha risposto al massacro dei propri cittadini.

Non sembra convincere

Non sarà piuttosto che le future mamme si sono poste il problema di che cosa ne sarebbe del proprio pargolo con un padre biologico giudeo? Facente parte di un gruppo “razziale” che ha mosso guerra contro un’organizzazione terroristica che ha invaso il suo territorio e dopo ha rapito e stuprato, decapitato civili innocenti e messo dei neonati dentro a dei forni?

Ma a questo punto, una persona sana di mente dovrebbe domandarsi: il donatore è un ragazzo sudafricano, cresciuto in Australia. Ed è ebreo.

Quale sarebbe il processo cognitivo secondo cui è eticamente collegato alle attività belliche di Israele?

Voglio dire, se io che sono italiana dovessi macchiarmi di un crimine in Guatemala, tutti gli italiani dovrebbero esserne ritenuti responsabili? Certo che no, dal momento che in quanto italiana non sono notoriamente stigmatizzata, come accade invece agli ebrei.

Basta rammentare ciò che è accaduto non appena Israele ha avviato le manovre militari contro coloro che l’hanno attaccata, gli ebrei di tutto il globo sono stati presi di mira, pietre d’inciampo sono state bruciate, sinagoghe sono state vandalizzate, eccetera.

Siamo nel 2023 ma sembra di essere nel 1938. Oggi è per una questione “etica” – che alle orecchie dei più maliziosi potrebbe suonare come un “non voglio mettere al mondo un bambino che porta in sé in gene del male giudeo”, come un virus che potrebbe intaccare la sua vita per sempre. Quasi come se essere ebrei fosse un marchio indelebile, un peccato originale immondo. Domani, quale sarà la scusa?

Il mondo è veramente sottosopra

E se quanto accaduto in questi cento giorni non fosse sufficiente, basta leggere della sorte toccata al capitano della squadra sudafricana di cricket under 19.

David Teeger, ex, ormai, capitano della squadra ed ebreo, durante un discorso di ringraziamento per un premio conseguito agli Jewish Achiever Awards, lo avrebbe dedicato ai soldati israeliani

Immediatamente, rappresentanti della Palestine Solidarity Alliance sono insorti, pretendendo – come tra l’altro è successo – che venisse aperta un’inchiesta contro il giocatore.

Lasciando da parte la follia di dover mettere sotto inchiesta un giovane perché ha dedicato il premio vinto ai soldati israeliani e allo Stato di Israele all’indomani del pogrom del 7 ottobre scorso, il giocatore era stato riammesso in quanto, era stato stabilito, aveva esercitato il proprio diritto costituzionale di libertà di espressione.

La risposta non è ovviamente piaciuta all’associazione pro Palestina, che ha ribattuto sostenendo che questa decisione di riammettere Teeger avrebbe causato non pochi problemi all’interno della comunità del cricket, tra i quali svariate proteste.

E ieri 15 gennaio, il colpo di scena: Teeger è stato definitivamente declassato – si legge sulla rivista “Africa” – per la sua incolumità, in quanto potrebbe essere bersaglio di contestazioni

Ma visto che il Sudafrica ha appena presentato le proprie accuse di genocidio contro Israele al tribunale dell’Aja, non rischiamo di scadere nella malizia se pensiamo che la sua incolumità non sia la vera ragione.

Anche se in una nota della nazionale si legge che sollevare il capitano dal suo incarico “è nel migliore interesse di tutti i giocatori, della squadra U19 e di David stesso”.

Quindi, abbiamo ormai il precedente

A questo punto, quanto ci vorrà prima che in tutto il mondo professionisti e lavoratori ebrei vengano gentilmente invitati a lasciare le proprie professioni per “tutelare la loro incolumità”?

E, subito dopo, per preservarla ulteriormente, quanto ci vorrà prima di arrivare a rinchiuderli dentro a dei ghetti anti aggressione?

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