Vuoi il sussidio di disoccupazione previsto dalle norme di protezione varate in risposta al Covid-19? Devi farti identificare con la tecnologia del riconoscimento facciale da una società privata, ID.me, che fornisce servizi alle pubbliche amministrazioni statunitensi. Efficacissima, ma anche con rilevanti implicazioni dal punto di vista della tutela della privacy, di un possibile uso distorto a fini di sorveglianza e di errori per carenze dei sistemi di riconoscimento soprattutto per quanto riguarda le minoranze etniche, questa tecnologia è stata contestata dalle associazioni dei diritti civili. Alcune città americane, da Portland in Oregon a Boston, passando per San Francisco e Oakland, l’hanno messa al bando chiedendo, in modo particolare, alla polizia di non usarla.
Il “no” vano del Colorado
Ma in un anno e mezzo di pandemia, si sa, molte barriere sul fronte delle tecnologie che invadono la privacy sono cadute. Ad esempio per la necessità di curare pazienti a distanza scambiando anche in rete i loro dati sanitari sensibili. Nel caso delle indennità di disoccupazione le contestazioni, come ha riferito la Cnn, sono partite da alcuni obiettori del Colorado, decisi anche a rinunciare ai sussidi pur di non cedere dati facciali che poi li renderebbero individuabili ovunque da qualsiasi telecamera di sorveglianza. Ma gli obiettori hanno sbattuto contro un muro: il Colorado prevede la possibilità di verifiche fisiche dell’identità solo per chi ha meno di 18 anni (ID.me per legge non può sottoporre a identificazione i minorenni) e chi «è incapace di superare le barriere tecnologiche».
Gli altri semplicemente perderanno il diritto alle indennità. Soprattutto, il caso ha fatto emergere che questa tecnologia, bandita da alcune città ma ampiamente utilizzata da agenzie del governo federale come l’Irs (Fisco) e la Social Security (previdenza sociale), è stata ormai stabilmente adottata per le verifiche sui disoccupati da ben 27 Stati compresi quelli più popolosi (e progressisti), da New York alla California. Motivo? Causa di forza maggiore, sostengono gli amministratori: troppi tentativi di ottenere fraudolentemente sussidi non dovuti. Quando ci devi «mettere la faccia», il truffatore, dicono, ci pensa due volte: grazie al filtro di ID.me le truffe sono drasticamente diminuite. Sistema efficace, ma è un’altra barriera che salta: il riconoscimento facciale è destinato a entrare permanentemente nelle vite di tutti noi.
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