La gestione socio-sanitaria (leggi vaccinazione) impatta direttamente sull’economia, e soprattutto sui fattori di competizione economica. Eppure tale aspetto non viene pienamente percepito dall’Informazione e dalla Politica. Probabilmente per una scarsa conoscenza dell’economia reale e delle dinamiche che la caratterizzano.
Prendiamo la questione della vaccinazione di massa. Il Governo Draghi la ha giustamente messo al primo punto del suo impegno. Noi Italiani ci siamo, nei mesi scorsi, completamente affidati all’Unione Europea. A differenza di altri Paesi più previdenti o semplicemente più scettici sulle virtù della burocrazia di Bruxelles.
Solo che il piano di acquisizione e distribuzione dei vaccini, predisposto dalla Commissione guidata da Ursula Von der Leyen, si è rivelato un autentico disastro. O per dirla con le crude parole del Vice Cancelliere tedesco Olaf Scholz «una vera merdata». Tant’è che anche il Premier Draghi ha duramente criticato il piano europeo e la sua gestione, suscitando stupore solo in chi confonde l’europeismo con la totale acquiescenza alle decisioni di Bruxelles.
La conseguenza del fallimento della attuale strategia europea di vaccinazione di massa è di aver paurosamente rallentato la messa in sicurezza della popolazione dell’ UE. Portando danni per la salute e l’economia di tutti i Paesi membri. Il fatto è che le aziende farmaceutiche sotto contratto non hanno rispettato i tempi di consegna dei vaccini e della strumentazione medica necessaria, adducendo problemi e motivazioni di vario genere che la Commissione Europea contesta minacciando ritorsioni legali tanto difficili quanto improbabili.
Contratti colabrodo con le case farmaceutiche
Anche perché la definizione dei contratti con le case farmaceutiche è stata fatta, per usare un eufemismo, in modo alquanto superficiale e comunque all’insegna di una omertosa opacità. Il risultato di tutto ciò è un caos gestionale e burocratico che ha spinto alcuni Stati membri (per ultimi Austria e Danimarca) a muoversi autonomamente nella ricerca di nuove forniture medicali, aprendo alla collaborazione con Paesi extra comunitari come Israele e con altre e diverse aziende farmaceutiche.
Fino a spalancare le porte allo Sputnik: quel vaccino che fu oggetto di stupide derisioni solo perché prodotto dalla Russia di Putin. Ebbene questo quadro avvilente evidenzia una cosa che molti fingono di ignorare: e cioè che nel mercato globale esiste una forte competizione economica fra Sistemi-territorio (quali Europa, USA, America, Asia) e, all’interno di questi, tra i diversi Stati che ne fanno parte.
Vendere i vaccini a chi li paga di più
Competizione che oggi passa anche -e soprattutto- attraverso una pronta vaccinazione di massa. Perché è chiaro che le aziende farmaceutiche (al di là degli impegni, peraltro assai laschi, pattuiti con l’Unione Europea) preferiscono vendere i vaccini a Stati o Sistemi-territorio che pagano di più (talvolta fino al doppio o al triplo dell’Unione Europea) pur di avere a disposizione il maggior numero possibile di dosi vaccinali.
Come ad esempio: gli Stati Uniti, che hanno lanciato una imponente campagna vaccinale. O la Gran Bretagna, che ha vaccinato oltre un terzo dei suoi abitanti. Oppure Israele, che ha quasi completato la vaccinazione della sua popolazione dando prova di straordinaria efficienza.
Non è solo una corsa alla sicurezza socio-sanitaria: è anche e soprattutto una corsa alla creazione di condizioni utili al rilancio produttivo ed economico. Vaccinare tutti e subito significa infatti raggiungere presto -ed in ogni caso prima di altri- l’immunità di gregge. Che consentirà ad una Nazione (o ad un territorio in generale) di ripartire rapidamente in tutti i campi. Portando a pieno regime la propria macchina economica, e conseguendo così un netto vantaggio sui suoi competitori nei vari mercati.
Il che significa che ogni piano di vaccinazione di massa dovrebbe essere pensato, progettato ed organizzato tenendo conto che esso rappresenta uno strumento di “vantaggio competitivo”. Cina e Russia lo hanno capito da tempo. L’Inghilterra pure. Gli Stati Uniti stanno correndo ai ripari. L’Europa lo sta comprendendo soltanto adesso. Peccato che, sul ring della competizione economica globale, un ritardo non sia sempre recuperabile.
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