Vaccini – Il 31 ottobre scorso a fari spenti il Tribunale Civile di Firenze come estraendo un coniglio dal cilindro ha emesso una ordinanza inaspettata. La vicenda prende forma nel 2021 quando una psicologa impugnava davanti al TAR toscano il provvedimento con cui il suo Ordine la sospendeva dalla professione per non essersi vaccinata contro il Covid. La ricorrente depositava un ricorso urgente per essere reintegrata nella professione e formulava una richiesta danni all’Ordine degli psicologi a causa della misura interdittiva subita. Il TAR si dichiarava incompetente. A questo punto la psicologa riproponeva la causa davanti al Tribunale di Firenze che con apposito decreto senza contraddittorio, disponeva il reintegro provvisorio nella professione. La disputa si protraeva poi con il contraddittorio in sede Civile, dove esaminati gli atti prodotti a difesa dall’Ordine degli Psicologi veniva confermato il reintegro già determinato in via cautelare.
Scarsa efficacia della vaccinazione e incapacità di prevenire il contagio
Nella sentenza, il Giudice Susanna Zanda, poneva l’accento sulla scarsa efficacia della vaccinazione. Inoltre citava a supporto di tale affermazione uno studio pubblicato dalla rivista “The Lancet” del 01.12.2021. Il Tribunale aggiungeva che la consapevolezza di questo costituisce un elemento “notorio perché tutti sanno che i vaccini non impediscono il contagio”…”trovandosi in situazioni identiche non è pensabile un trattamento discriminatorio dei non vaccinati”. Parlando di effetti avversi il Giudice citava il rapporto AIFA 2021 che calcolava 22 morti correlabili su 580, e stimava un nesso di causalità riconosciuto oltre l’80% delle segnalazioni gravi. Il Giudice considerava anche le avvertenze delle case produttrici tra cui la nota informativa Comirnaty sulle infiammazioni cardiache. Dallo studio di tali documenti il Giudice evidenziava l’incompatibilità dei farmaci a mRNA con l’articolo 32 della Costituzione a riguardo del diritto alla salute, e soprattutto, con le sentenze univoche della Consulta ad esempio la sentenza nr. 307 del 1990. La quale afferma che un obbligo vaccinale è concepibile solo in presenza di “conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili”.
Dignità umana non negoziabile di fronte a qualsiasi valore superiore.
Inoltre l’imponente campagna vaccinale condotta dal Governo sarebbe in contrasto tanto con i principi fondamentali della Costituzione quanto con quelli dell’Unione europea sanciti agli articoli 1 e 3 della Carta di Nizza. Secondo i quali la vita e la dignità umana non sono negoziabili neanche davanti a qualsiasi valore superiore. Non vi è varco pertanto ad alcuna valutazione di ordine quantitativo. Una campagna vaccinale obbligatoria che abbia come effetti collaterali morti e feriti gravi pertanto è inammissibile. In un passo della sentenza leggiamo, se“ Si dovesse ammettere la sacrificabilità dell’individuo all’altare della collettività, ammettendosi un bilanciamento tra interesse collettivo e interesse individuale e la possibilità di sacrifici umani (…) non soltanto l’individuo sarebbe sempre soccombente ed esposto all’arbitrio di una maggioranza parlamentare che di volta in volta individui l’interesse collettivo prevalente, come per esempio la pressione sugli ospedali (…) ma verrebbe meno la stessa certezza del diritto in una materia così fondamentale e delicata del diritto alla vita delle persone”.
Violazione del consenso informato
Il giudice nella sentenza fa riferimento oltre ad una serie di nome costituzionali anche a trattati internazionali. Inoltre prendeva in considerazione sia la convenzione di Oviedo, che quella di Nizza. Il Tribunale traguardava anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. Per primo viene analizzata la questione della diretta disapplicabilità delle norme impositive dell’obbligo. In base a questo principio, anche retroattivo, i giudici hanno il dovere di disapplicare le norme nazionali in conflitto con quelle europee. Anche senza passare dalla Consulta. Nel contesto veniva anche ravvisata una violazione del consenso informato conchiuso nella “inderogabilità del rispetto dell’identità personale e della libertà di autodeterminazione bioetica di ciascuno” “L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza”. Intendendo con questa affermazione che “Se i diritti inviolabili sono indivisibili e tra loro devono essere bilanciati, la dignità umana invece è la stessa base dei diritti”.
Vaccini di fatto sperimentali
Secondo il Giudice Il Regolamento europeo 507 del 2006 di fatto ha autorizzato i vaccini anti covid solo in via condizionale trattandosi di farmaci sperimentali. Il rifiuto della ricorrente a vaccinarsi pertanto veniva giustificato. Infatti “nessun cittadino europeo può essere costretto a trattamenti farmacologici sperimentali . Specialmente quando, come in questo caso, esistevano evidenze scientifiche sulla efficacia degli antinfiammatori. Fin dalle prime fasi della malattia”. A questo scopo il giudice citava uno studio dell’Istituto Mario Negri, pubblicato nel giugno 2021. Da ultimo il Tribunale affermava che la ricorrente è stata discriminata per le proprie opinioni personali secondo l’art. 21 della Carte di Nizza. In quanto, potendosi contagiare parimenti ai colleghi vaccinati, non sussisteva alcun valido motivo scientifico per la sua sospensione dall’Albo. Di fatto quindi la sentenza fiorentina costituisce una pietra miliare per tutte le motivazioni contro l’obbligo vaccinale. Rappresenta inoltre una importante leva giuridica presso la consulta per la legittimità dei vaccini obbligatori. Termina con l’ invio egli atti alla Procura di Roma “per li eventi avversi e i morti e le numerose criticità evidenziate. E per il fatto che la campagna vaccinale prosegue ed è stata recentemente estesa ai neonati da sei mesi in su. Senza alcuna sperimentazione”. Ora si pronuncerà il Giudice Penale.
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