Vele Volanti

Luna Rossa

Luna Rossa Challenge a Cagliari

Foils, foiler e vele alari all’America’s Cup.  Storia e tecnica delle “vele volanti”.

Si chiama foil ed è l’ultimo ritrovato tecnologico applicato alle imbarcazioni a vela che permette letteralmente di volare sull’acqua. Questa innovazione tecnica sta sostituendo le derive tradizionali che funzionano da stabilizzatori e da contrappeso specie se dotate di bulbo. All’inizio hanno trovato una più facile applicazione nei multiscafi 1.

Si tratta di profili alari (chiamati anche “hydrofoils”“aliscafi”) in genere di piccole dimensioni, realizzati in fibra di carbonio per via della resistenza necessaria a sopportare i grossi carichi e gli stress meccanici a cui sono sottoposti.

Con una velocità adeguata le ali assumono portanza e lo scafo si solleva sull’acqua fino a perdere il contatto con la superficie. Non essendoci più contatto con l’acqua il movimento dell’imbarcazione non genera più attrito, se non sulla parte immersa dei foils.

Il “Moth” la piccola deriva nata nel 1928 in Australia nella versione moderna con le ali.

Nel 1999 i foils sono entrati ufficialmente nel regolamento di classe di una deriva storica con il “Moth” 2. Ma solamente nel 2013 le “vele volanti” raggiungono il grande pubblico, quando i catamarani ad ala rigida d’ispirazione aeronautica (classe AC72) arrivano alla 34a edizione dell’America’s Cup.

America’s cup.

Il termine per le iscrizioni in ritardo per la 36a America’s Cup si è chiuso ufficialmente lo scorso 30 novembre. La competizione, in programma nel 2021 ad Auckland, avrebbe dovuto avere almeno due sindacati in gara col tricolore: oltre alla “Luna Rossa” di Bertelli, che torna a gareggiare dopo l’assenza del 2017, avrebbe dovuto esserci un altro sfidante con il guidone dello YCIM (Yacht Club Imperia).
Non sappiamo al momento se l’imbarcazione “Columbus 2021”, dopo l’annuncio ufficiale del divorzio del consorzio dallo YCIM, verrà comunque realizzata 3 , l’unica certezza rimasta fino all’ultimo è stata il suggestivo logo ispirato alle navi di Cristoforo Colombo.

Anche se il defender 4 Royal New Zealand Yacht Squadron e Emirates Team New Zealand hanno confermato che sono in valutazione altri avvisi di sfida, non conosciamo i nomi degli sfidanti che potranno essere accettati senza modifiche al protocollo, vedremo quali avranno le risorse tecniche e soprattutto quelle economiche. Non sappiamo quindi chi vedremo partecipare oltre a Luna Rossa (challenger of record) 5, American Magic, INEOS Team UK e Malta Altus Challenge un team a guida italiana che gareggerà con i colori dello Royal Malta Yacht Club. È dell’ultima ora la notizia del ritorno di Stars & Stripes Team USA come quinto sfidante, con lo yacht club di Long beach.

Nelle ultime edizioni della prestigiosa competizione c’è stato un calo progressivo dei partecipanti. Questo fatto è stato attribuito alle rivoluzioni che ha subito la gara, non ultima la presenza dei velocissimi multiscafi volanti che hanno in un certo qual modo stravolto quello che dal 1851 era stato il punto forte della gara e cioè l’innovazione tecnica ma nel mantenimento della tradizione.

Un’altra considerazione da fare è che da diverso tempo, dietro ogni imbarcazione, ci sono sempre più gli sponsor milionari e sempre meno cantieri disposti ad investire le ingenti cifre somme richieste dall’organizzazione e dalle tecnologie. Per questo motivo la gara ha assunto sempre più i connotati di una operazione di marketing in cui a gareggiare sono i budget prima ancora delle imbarcazioni e anche questo probabilmente non giova alla coppa.

Classe AC75.

Forse il timore che anche la prossima edizione potesse rivelarsi un flop può essere stato uno dei motivi che hanno portato alla scelta di ritornare alle imbarcazioni monoscafo. Quindi con l’introduzione della classe AC75, un nuovo concetto di imbarcazione, vedremo tornare a gareggiare monoscafi per il più antico dei trofei storici. Anche se, da ciò che abbiamo visto (disegni, modelli, e animazioni), più che ad un monoscafo la nuova classe di imbarcazioni per l’America’s Cup assomiglia allo scafo centrale di un trimarano.

Ancora una volta però si tratterà di veloci imbarcazioni volanti con i foils, una presenza questa a cui ci dovremo rassegnare.

Barche coi “baffi”

Tornando ai foils, nel tempo sono state sperimentate diverse soluzioni: dall’ala completamente immersa a quella intersecante la superficie, dalla geometria scalare a quella variabile, fino ai foil mobili che aumentano o diminuiscono la parte immersa, e quindi la superficie a contatto con l’acqua, e l’angolo di attacco. Il supporto dell’ala diventa parte integrante della stessa, con un profilo in grado non solo di fendere l’acqua, mantenendo una certa stabilità dell’imbarcazione, ma di generare esso stesso una certa portanza.

I problemi di stabilità più evidenti in un monoscafo rispetto ad un multiscafo dotato di foils, specie se sbandato, sono stati risolti anche con l’allungamento di queste appendici laterali. Per questo motivo vedremo gareggiare alla prossima Coppa America delle barche a vela con dei foil che assomigliano a grandi “baffi” sui fianchi che vengono manovrati a seconda dell’incidenza del vento, della sua velocità e dell’assetto dell’imbarcazione.

La storia delle imbarcazioni con foils non segue quella delle “normali” imbarcazioni che passano dalla propulsione a remi a quella velica e quindi al motore, prima a vapore e poi a scoppio. Ma come vedremo non è soltanto questo a renderla interessante. 

Classe AC75. Vista frontale dello scafo di Luna Rossa con i lunghi foil laterali che ricordano dei “baffi”.

Quando alle barche spuntarono le ali.

Il primo foiler? Una barca a remi.

Sono passati quasi 150 anni (era il 3 dicembre 1869) da quando Emmanuel Denis Farcot, un inventore francese, registrò un brevetto per una barca a remi progettata per andare più veloce grazie alla ridotta resistenza all’acqua. Lo scafo di Farcot aveva piccole lamine lungo lo scafo per sollevarlo sopra l’acqua e ridurre la resistenza.

Anche i fratelli Wright, che portarono in volo il primo aeroplano nel 1903, dopo quella storica esperienza tentarono un’altra impresa nel 1907 riuscendo a far “volare” un catamarano equipaggiato con ali (quasi come un aereo) fuori dall’acqua.

Nel 1918-1919, Alexander Graham Bell, cui per lungo tempo è stata attribuita l’invenzione del telefono 6, e il suo collega F.W. Baldwin realizzarono un lavoro sperimentale sugli aliscafi motorizzati, che chiamarono “idrodromici”. Il loro prototipo HD4, stabilì un record di velocità di 61,58 nodi (114 km / h), che resistette imbattuto per più di dieci anni. Nel 1912 avevano testato l’“Hydrodrome”, un “bat-boat” cioè un battello ibrido dotato di una corta ala biplano cui era affidato il sostentamento.

In alcuni ambienti statunitensi legati al mondo della vela, viene attribuita sempre a Bell l’invenzione dell’aliscafo che in realtà appartiene all‘ingegnere italiano Enrico Forlanini.

Il primo aliscafo a motore di Enrico Forlanini

L’Aliscafo, un’invenzione italiana.

Enrico Forlanini (Milano, 1848 – Milano, 1930) è stato un ingegnere e imprenditore italiano, ricordato come inventore dell’aliscafo e pioniere dell’aviazione.
La sua una figura molto lontana dallo stereotipo dello scienziato, amante del brivido e di quelli che potrebbero definirsi “sport estremi”, fu una persona molto attiva e un grande sportivo.
Anche se l’invenzione dell’elicottero è di difficile attribuzione, a Forlanini dobbiamo il primo elicottero dotato di un vero motore (a vapore) che riuscì a sollevarsi in volo nel 1877, i precedenti tentativi rivendicati come primato da altre nazioni erano giocattolini ad elastico o addirittura dotati di pale realizzate con piume di tacchino.

Il primo decollo

Tornando all’aliscafo, mentre era impegnato nella costruzione del primo dirigibile semirigido italiano, l’F.1 “Leonardo da Vinci” la cui costruzione iniziò nel 1901, Forlanini compiva esperimenti fluidodinamici su ali e profili. Fu così che realizzò il progenitore dei moderni aliscafi chiamato idroplano, progettato fra il 1904 e il 1905 (comunque Forlanini già nel 1898 aveva varato un prototipo). Dopo il successo dei suoi test del 1905, Forlanini costruì un grosso aliscafo con un motore da 70 CV che azionava due eliche contrapposte dotate di cinque pale, ciascuna ad una estremità dello scafo a forma di siluro 7.

Il declino dell’aliscafo.

L’aliscafo, che si solleva sull’acqua ebbe il massimo di popolarità negli anni ’60 e negli anni ’70, principalmente con le riuscite e veloci navi passeggeri e militari. Gli aliscafi sebbene possano ridurre sia l’effetto delle onde che la resistenza all’alta velocità, sono vulnerabili agli oggetti galleggianti nell’acqua e costosi da costruire. Inoltre l’operatività foilborne (cioè il movimento del mezzo sulle ali) è limitata dall’altezza dell’onda se questa è superiore a quella del supporto dell’ala. Questi fattori hanno causato un declino costante nell’interesse e popolarità di questo mezzo.

La rivincita dell’aliscafo.

La vettura anfibia dotata di foils “Rinspeed splash”. Fu presentata al Salone di Ginevra nel 2004.

Oggi però, stiamo assistendo ad una rivincita degli “aliscafi” grazie alle nuove tecnologie dei materiali che hanno consentito la sperimentazione di nuovi profili e nuove configurazioni. Non solo i windsurf e i kitesurf, ma sembrerebbe che tutti i mezzi acquatici vogliano mettere le ali: imbarcazioni da diporto, barche a vela, sci, persino biciclette acquatiche e auto anfibie 8.

Nasce l’aliscafo a vela.

Il sogno di far volare una barca è abbastanza antico ma il primo tentativo può essere considerato quello dell’inglese Thomas Moy. Moy ritenendo che fosse più facile pilotare un mezzo nell’acqua che nell’aria (meno densa), nel 1861 fece degli esperimenti trainando a cavallo una barca con dei foil in un canale riuscendo a sollevarla “abbastanza fuori dall’acqua” 9.

Recentemente è stato aggiunto alla mitologia di Bell pure il supposto primato di aver pensato per primo ad una barca a vela dotata di ali. Che possa averci pensato non fa meraviglia, ma che sia stato il primo è molto difficile da argomentare visto il gran numero di progetti e sperimentazioni di aliscafi effettuati in tutto il mondo dalle origini fino alla fine degli anni venti del ‘900 10.

1938, il “Catafoil I”. La prima imbarcazione riconosciuta come aliscafo a vela.

L’aliscafo a vela nasce in bagno.

Ma la storia del primo aliscafo a vela noto, il “Catafoil I”, inizia nel 1938, nel bagno di Robert (Bob) Gilruth con dei modellini da 6 pollici che portarono alla costruzione insieme a Bill Carl di un catamarano a vela di 12 piedi con aliscafi.

Hydrofoil da record.

Una tappa fondamentale nella storia dei foil è il 1955 quando al “Monitor” fu cronometrata una velocità pari a 25 nodi. Nell’ottobre dell’anno seguente fu registrata una velocità di 30,4 nodi ed in seguito si disse che avesse raggiunto pure una velocità record di 40 nodi, che però non fu mai comprovata 12.

Nei decenni seguenti, che vedono tra l’altro il diffondersi dei veloci aliscafi passeggeri, è un rincorrersi di records di velocità alternati a tentativi più o meno frustrati dall’inadeguatezza dei materiali adottati. 

Nel 1970 il “Williwaw” di David Keiper attraversa il Pacifico meridionale navigando per circa 20.000 miglia. È così che il primo cruiser aliscafo apre la navigazione d’altura ai foilers a vela. Ma la pericolosità dei foils viene evidenziata dallo spigoloso yacht “Rambler 100” (ex “Speedboat”), un bolide monoscafo progettato per battere record oceanici, che vince la Transatlantic Race nel 2011 e nell’agosto dello stesso anno scuffia alla Fastnet Rock 13.

Il “Paul Ricard”, trimarano in alluminio, vincitore di record nel 1980, figlio della progettazione aeronautica.

Nel 1980 è il trimarano volante “Paul Ricard” di Eric Tabarly, un’avveneristica imbarcazione in alluminio di 16,50 metri a far diventare famosi i foils con la conquista del record della traversata atlantica (nel 1980 viene fissato in 10 giorni, 5 ore, 14 minuti e 20”). Da questo momento inizia il percorso che porterà i foils alla Coppa America 14.

Ali sotto e sopra l’acqua.

Il “Clifton Flasher” catamarano progettato da Nigel Irens nel 1973. Aveva 5 vele alari in parallelo.

Le barche a vela di oggi sono figlie di un’ingegneria aeronavale in cui la parte aeronautica prevale su quella navale, con contributi, soluzioni e progettisti ultimamente provenienti anche dall’industria automobilistica.

La scoperta o l’invenzione di nuovi materiali ha portato, oltre all’alleggerimento delle strutture, una superiore capacità di resistere a condizioni e sforzi estremi. Ciò ha reso possibile utilizzare delle ali con dimensioni, geometrie e profili una volta impensabili.

Se da una parte si ha un vantaggio enorme in termini di velocità dall’altra l’imbarcazione risulta penalizzata se deve stringere e risalire il vento in quanto, per raggiungere la velocità necessaria per planare, deve navigare con un vento sufficientemente largo. Così, si è pensato di sfruttare lo stesso principio trasformando le vele in ali orientabili (wing sail in inglese) che generano portanza non per sollevare ma per muovere la barca. Inoltre la forma tridimensionale dell’ala con l’albero inserito all’interno le consente di funzionare meglio con angolo di attacco nettamente inferiore rispetto ad una vela normale.

Il “Clifton Flasher”, un catamarano progettato da Nigel Irens nel 1973, raggiunse l’anno seguente 22.14 nodi a Weymouth. Aveva 5 ali in parallelo ed è stata una delle prime barche multiplano che hanno utilizzato le vele alari. In un certo qual modo queste imbarcazioni ricordano più gli esperimenti degli ibridi dell’inizio del secolo scorso che quello che – da qualche migliaio di anni – si intende come barca a vela.

Il futuro del foil.

L’impiego di ali sulle barche a vela, per quanto possa essere assistito da automatismi e sistemi di controllo elettronici richiede comunque una certa abilità ed una preparazione psico-fisica. Inoltre la criticità di possibili urti accidentali con oggetti galleggianti o animali marini, come pure il trovarsi in acque affollate da diportisti (magari anche poco disciplinati) o da traffico commerciale intenso, sono fattori che possono costituire un pericolo costante.
Infatti basta considerare le estreme conseguenze cui può portare una rottura o un incidente alle velocità consentite dai foils: scuffiare o ingavonarsi 15 può rivelarsi fatale.

Il “Rambler 100” scuffia a Fastnet nel 2011.

In teoria, l’ultima cosa che oggi dovremmo temere sulle barche a vela è la perdita della chiglia (o la rottura di un’ala). Soprattutto sulle barche di produzione. Ma il grande numero di casi che si è verificato negli ultimi anni per ogni tipo di imbarcazione, non solo per quelle da competizione come il “Rambler 100” o i nuovi Imoca 60′, ci ha mostrato come aumentino i rischi spingendo le performance verso i limiti estremi.

Gli esperti come ad esempio Beltrando sentenziano 16: «…vince chi sa frenare non chi spinge al massimo.»

Anche lo stesso Giovanni Soldini dopo l’incidente occorsogli col Maserati Multi70″ ha ammesso: «…con i timoni e i foil alari le probabilità d’impatto aumentano perché rispetto a quelli normali hanno una maggiore superficie bagnata.»

Ciò che sembra ormai chiaro che se da una parte l’utilizzo di foils sarà sempre più diffuso sulle imbarcazioni sia a motore che a vela, su queste ultime il foil come ala planante sarà sempre più destinato all’impiego agonistico o sportivo.

Lo sloop “Reliance”, America’s Cup defender nel 1903.

La velocità non è tutto.

I puristi della vela oggi sono accusati di vivere nel passato, ma sono molti i “nostalgici” delle curve seducenti delle imbarcazioni a vela “classiche” che si chiedono se questa ricerca della velocità estrema non sia un po’ fine a stessa e non vada un poco contro lo spirito della vela da diporto.

Ricordando il “Reliance” 17, America’s Cup defender nel 1903 o altre mitiche barche del passato – nostalgia o meno – non si può non essere d’accordo sul fatto che, in fondo, c’è poco romanticismo in una spigolosa barca a vela che vola più veloce del vento.


Note:

1 Le imbarcazioni munite di più scafi come i catamarani (con due scafi) o i trimarani (che hanno uno scafo principale al centro e due più piccoli ai lati) hanno alcuni vantaggi rispetto ai monoscafi (imbarcazioni su scafo unico) che si evidenziano maggiormente nelle barche a vela tra i quali una maggiore stabilità, la richiesta una minore zavorra ed una inferiore resistenza fluidodinamica.

2 La classe Moth” (“Falena”) sembrava che fosse destinata a sparire per la perdita di interesse per questa piccola imbarcazione; quando nel 2001 apparve dotata di ali ad una regata internazionale, assieme alla barca decollò anche l’interesse del grande pubblico. Il piccolo aliscafo a vela si è evoluto nel corso degli ultimi anni e sembra molto diverso dalla piccola imbarcazione nata in Australia nel 1928.

3 La barca sarebbe la quinta realizzata a Fano per la Coppa America, nel cantiere Adria Sail. Le altre furono Azzurra, Azzurra 1, Italia 2 e il Moro di Venezia. L’obiettivo annunciato era di varare la prima barca per giugno 2019 e per la quale era stata avviata la trattativa per l’acquisto del progetto base da Team New Zealand.

4 La Coppa America, la più antica e famosa regata si svolge con una serie di duelli tra due imbarcazioni, con caratteristiche identiche (match race) che gareggiano uno contro l’altro. Ogni imbarcazione deve appartenere a un diverso Yacht Club. Due sono i termini importanti che spesso sentiamo riferiti ai partecipanti: il defender” è lo yacht club che detiene la coppa, mentre lo sfidante è il “challenger”.

5 Fino al 1983 esisteva un unico sfidante, a partire da questa data le sfide sono state presentate da più yacht club per cui, per stabilire chi avesse diritto a competere con il defender, fu organizzato un torneo, la “Louis Vuitton Cup”. Il vincitore diviene di diritto il challenger.  Il primo sindacato a lanciare la sfida viene indicato come “Challenger of record” che oltre a rappresentare gli altri eventuali sfidanti firma il protocollo, cioè l’insieme di regole per l’edizione della Coppa America in programma.

6 Riguardo a Bell, ancora oggi sono in molti (soprattutto statunitensi e anglosassoni) a considerarlo inventore del telefono, anche se una sentenza della Corte Suprema statunitense nel 2002 ha restituito ad Antonio Meucci la paternità dell’invenzione.

7 Quattro serie di lamine ad architettura scalare, una nella parte anteriore, una nella parte posteriore e due laterali fornivano il sostentamento. Il cattivo motore a scoppio fu sostituito nel modello del 1908-1909 da un motore a vapore da 25CV con il quale comunque raggiunse la velocità di 50 Km/h. Molto più simile ai moderni aliscafi, fu il modello del 1910 che poteva trasportare 2 persone di equipaggio più 4 passeggeri. Fu testato sul Lago Maggiore dotato di un motore FIAT da 100 CV raggiunse i 38 nodi (70,4 km / h).
Nel 1911 Forlanini illustrò le sue ricerche a Bell, che iniziava ad interessarsi agli aliscafi, il che ci ricollega a quanto detto sopra dell’inventore statunitense.

8 Vale la pena di ricordare come curiosità che Rinspeed, una società svizzera, ha realizzato la “Rinspeed splash” presentata al Salone di Ginevra nel 2004. Questa vettura anfibia può essere definita la prima in grado di correre superando i 200 km/h su strada, navigare a 50 km/h e volare a 80 km/h sulla superficie dell’acqua grazie ai foil.

9 Thomas Moy membro della Aeronautical Society, installò trasversalmente tre lamine orizzontali dal profilo notevolmente moderno, sotto una barca trainata sul canale del Surrey (una contea inglese del Sud-Est). Le lamine erano autoregolanti e diminuivano l’angolo di incidenza con l’aumentare della velocità.

10 Comunque sia esiste un modellino a vela statico il “Nancy” costruito nel 1913 da Alexander Graham Bell e Casey Baldwin.

11 Il catamarano costruito da R. Gilruth e Bill Cart nel 1938 navigò nel Chesapeake per diversi anni. Decollò con successo a 5 nodi (9,3 Km/h), mantenendo poi una velocità di crociera di 12 nodi (22,3 Km/h).

12 La “Monitor” è stata progettata da Gordon Baker e costruita dalla Baker Manufacturing Company di Evansville, nel Wisconsin. La US NAVY (Marina degli Stati Uniti) in parte ne finanziò la costruzione.

13 La Rolex Fastnet Race è una classica una regata d’altura molto dura che porta gli yacht a doppiare il faro del Fastnet, in Irlanda, dopo essere partiti da Cowes, nel sud dell’Inghilterra.

14 Il catamarano “Paul Ricard” fu il risultato dell’incontro di Eric Tabarly con Alain De Bergh, un ingegnere aeronautico responsabile per i calcoli strutturali dei caccia Mirage e Rafale della Dassault Aviation. La conquista del record fu comunque resa difficoltosa a causa delle numerose rotture avvenute durante la navigazione.

15 Ingavonarsi: quando l’imbarcazione si inclina su un fianco, senza riuscire a recuperare la posizione normale e rimanendo così in una pericolosa posizione equilibrio, che può preludere al capovolgimento dell’imbarcazione. Scuffiare: il capovolgersi di una imbarcazione, specie se riferito ad una barca a vela.  Entrambi sono termini marinareschi.

16 Stefano Beltrando, esperto in materiali compositi a capo della società di analisi e controllo della One Design Volvo Ocean Race e di altre importanti competizioni.

17 Lo sloop “Reliance”, America’s Cup defender nel 1903, era nato dal genio di quello che è considerato il più grande progettista e inventore della vela moderna, Nathaniel Herreshoff le cui barche difesero con successo la Coppa tra il 1893 e il 1920. Quando il “Reliance” era sbandato, l’opera morta diventava linea di galleggiamento, aumentando le prestazioni dell’imbarcazione.

 

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