Venti anni dalle Torri Gemelle. La nostra Pearl Harbor

venti anni

Spiegarlo ad un ragazzo che oggi ha venti anni è praticamente impossibile. Non si riesce a trasmettergli quelle sensazioni, lo sconcerto che provavo io e tutti gli allora ventenni con me, nel vedere che l’inviolabilità dell’America sul proprio territorio era stata violata. Allora ero appena poco più di una giovane matricola universitaria.

Mi ero recato in un bar dove stavo pagando un pacchetto di gomme americane e partì il servizio in edizione straordinaria. Non si era ancora allo schianto del secondo aereo: quello lo vidi praticamente in diretta. Intanto un altro colpì addirittura il pentagono.

Stavano bombardando gli Stati Uniti sul loro territorio

Noi, la generazione abituata a vedere un’America forte invincibile egemone in tutto il mondo, eravamo persi, spaesati.

Quella stessa America che aveva costretto Saddam Hussein a piegarsi, Milosevic a ritirarsi dal Kosovo.
L’America che si ergeva a potente ed unica dominatrice delle sorti del mondo dopo il crollo dell’impero sovietico. La nostra generazione si trovava davanti ad un America per la prima volta vulnerabile.

Però di lì ci fu un’immediata reazione. Bush il giorno stesso a promettere interventi militari, ragazzi che correvano ad arruolarsi nell’esercito, i paesi alleati che si accodavano. Prima l’intervento militare in Afghanistan. Poi quello in Iraq.

L’America che fa crollare il regime dei talebani e quello di Saddam Hussein, poi si rivolge minacciosa la Repubblica islamica dell’Iran.

Eppure sono passati solo vent’anni e oggi i ragazzi si svegliano in un mondo che è solo parzialmente americano.

Russia e Cina. Le nuove superpotenze

La Russia si è rialzata riprendendo la sua area di influenza. La Cina si appresta a diventare il paese economicamente e probabilmente geopoliticamente più influente. Il Gigante statunitense ha dimostrato tutta la sua fragilità.

Oggi si commemorano le sue vittime. Quando da poco meno di un mese la guerra scatenata a seguito di quell’attentato è stata perduta.

Oggi si commemora quell’undici settembre, quando la patria di tutti quei morti ha miseramente fallito quel catastrofico tentativo che sono state le primavere arabe. Dove lo Zio Sam si è impantanato in Siria e non è riuscito ancora a debellare l’Isis.

Nel ventennale di quel gesto indegno del genere umano i talebani sono addirittura diventati un interlocutore necessario. Quegli stessi talebani accusati di fornire basi terroristiche ai responsabili dell’attentato.
Forse la peggiore offesa alla memoria delle vittime.

L’undici settembre 2001 la forte America venne colpita. Ma allora si dimostrò in grado di reagire vigorosamente rivendicando un ruolo primario nel mondo. L’America aggressiva bellicosa di Bush certo non la rimpiango. Ma era un gigante che faceva paura, che faceva tremare, facendo sentire il passo della cavalleria in arrivo metteva in fuga i nemici.

L’undici settembre 2021 si pronuncia la requiem per un impero in declino. Se l’America guerrafondaia di Bush non piaceva, l’America di Biden è la caricatura di se stessa. Un paese reso debole da una classe dirigente inadeguata. Non riesce a serrare i ranghi con gli alleati, non spaventa più i nemici.

Chi ha venti anni oggi non percepisce l’immagine di grandezza e forza che vent’anni fa i giovani vedevano negli Stati Uniti.

 

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