VENTI GIORNI DI DONALD TRUMP: UN NUOVO MONDO
Sono appena passati solo venti giorni dall’insediamento/giuramento di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti d’America e già gli atti del nuovo Presidente disegnano un mondo molto diverso rispetto agli ultimi quattro anni.
Un assetto politico interno e internazionale destinato a mutare rapidamente e che si qualifica come una evidente rottura con la precedente esperienza democratica, le cui responsabilità sullo stato attuale del mondo, peraltro, non potranno mai essere sottolineate abbastanza
Trump indubbiamente, intende dare una impronta diversa e opposta alla presidenza Biden riprendendo il filo del discorso dove si era interrotto, cioè al 2020. Egli è un decisionista, di base un uomo d’affari e la sua politica ne riflette irrimediabilmente la natura. Forzature comprese.
Trump mira in politica come negli affari al risultato per ottenere il quale è disposto, nel bene o nel male, ad adeguare la strategia
Perciò, sbaglia chi pensa che le sue mosse, siano esse dichiarazioni o veri e propri atti politici non siano calcolati al millesimo o che siano estemporanee provocazioni. I primi venti giorni dimostrano chiaramente ciò che si sta dicendo.
I primi atti della Casa Bianca sono, infatti, molto forti e netti, conditi talvolta da una comunicazione provocatoria ma che sicuramente si sta rivelando estremamente efficace, al netto delle giaculatorie dei lamentosi oppositori (più esterni che interni, a dire il vero).
Vediamo, in sintesi, che cosa ha fatto Trump in questi giorni
QUESTIONE ISRAELO-PALESTINESE
Rispetto al timido Joe Biden che non è andato oltre le parole di circostanza in favore di Israele che non si sono mai tradotte in un appoggio convinto (anzi!), Donald Trump ha immediatamente stanziato un miliardo di dollari in armi a favore dello Stato Ebraico senza porre limitazioni di sorta al loro uso.
Ha imposto una tregua a Gaza e l’inizio del rilascio degli ostaggi che dopo più di due anni di “cattività palestinese” finalmente possono riabbracciare le loro famiglie
A chi lamenta un prezzo molto alto per queste liberazioni v’è da rispondere che le cose vanno viste nel medio e lungo periodo e l’incontro con Netanyahu con le relative proposte si spiega anche in questa logica. Il piano di ricollocazione dei palestinesi che tanto fa discutere suscitando lo scandalo delle anime belle della sinistra e non solo, può intendersi come una contropartita rispetto alla tregua forzata a Gaza, ed ,è tra le altre cose, una assoluta novità nel dibattito anche diplomatico, che da decenni ruota attorno al conflitto arabo-israeliano.
A ben vedere, Trump con questa proposta va a a destrutturare almeno parzialmente il consueto mantra “due popoli due stati” che di fatto non significa nulla e presenta problematiche insormontabili
Il Presidente americano con questo piano, funzionale alla ricostruzione di Gaza dopo la guerra, ha finalmente mostrato l’ipocrisia di quanti si trincerano dietro questo slogan per mascherare una sostanziale indifferenza tanto alla sorte dei palestinesi quanto alla sicurezza di Israele. A partire dagli Stati arabi sempre pronti ad attaccare Israele ma sempre ben lontani dall’accogliere i palestinesi sul loro territori. D’altra parte, è una dinamica ormai radicata nel tempo e la soluzione dei due popoli, due Stati è sempre stata respinta dalla leadership palestinese.
Bene dunque fa Trump ad inchiodarli alle loro responsabilità, mostrando come il 7 Ottobre sia stato l’errore più grosso di Hamas e del popolo palestinese (basta con le ipocrisie di voler distinguere le due cose come se le immagini della popolazione festante al rientro in “patria” dei terroristi con gli ostaggi morti o vilipesi potesse essere cancellata dalla propaganda buonista)
QUESTIONE RUSSO-UCRAINA
Il conflitto che sta martoriando l’Ucraina deve trovare una fine. E su questo Trump è stato chiarissimo sin dalla campagna elettorale con le parti in campo. E, al contrario di quanto va ululando la propaganda antitrumpiana, il Presidente si sta dimostrando equilibrato verso ambo le parti
Da una parte le minacce di inasprimento delle sanzioni hanno lo scopo di fiaccare Putin costringendolo alla pace, e il persistere degli aiuti all’Ucraina dimostra che gli USA trumpiani non intendono abbandonare il popolo ucraino. D’altro lato, è necessario che l’Ucraina prenda atto che una vittoria sul campo è impossibile e che quindi occorrerà trovare un punto di caduta.
Zelensky stesso si sta rendendo conto di tale circostanza e si dimostra disponibile all’avvio di trattative volte a chiudere il conflitto, naturalmente secondo una pace che sia equa e giusta. Una soluzione che non può fondarsi esclusivamente su ragioni di principio, ma che prevede contropartite che suscitino l’interesse e il vantaggio degli USA. In questo senso potrebbero essere interpretate le dichiarazioni per cui gli aiuti militari saranno condizionati ad accordi per il successivo sfruttamento delle terre rare.
Qualcuno potrebbe storcere il naso e sarebbe comprensibile, gli accordi di pace non sono mai stati frutto esclusivamente delle questioni di principio.
Da tempo immemore le alleanze sono fondate su reciproci vantaggi. In questo quadro che si va delineando, stupisce la totale assenza dell’Unione Europea la cui politica difetta di unità e pragmatismo. Di fatto ciò la pone ai margini del processo diplomatico, anzi persino esclusa, essendo ormai divenuta la guerra in Ucraina (e le conseguenti trattative di pace) una questione a tre Usa-Ucraina-Russia.
RAPPORTO CON LA CINA
Si tratta del vero e proprio “core business” della geopolitica mondiale dei prossimi anni. L’espansionismo economico cinese, soprattutto da quando il Dragone è stato ammesso senza limitazione al WTO, è ormai notorio ed evidente. Un espansionismo che ha portato la Cina a detenere il controllo sulle infrastrutture africane e non solo. E tale espansionismo ha trovato una concreta sponsorship nella sinistra mondiale, tanto per citare i più vicini a noi, Prodi e Conte.
Nell’ottica di riaffermare il ruolo americano nella economia globale e di stoppare il progetto della via della seta vanno dunque interpretate le provocazioni trumpiane su Groenlandia e Panama.
I toni volutamente forti hanno avuto il preciso obiettivo di dare un messaggio chiaro alla Cina e al suo tentativo egemonico commerciale. Il canale di Panama dove passano circa 14 mila navi all’anno, è oggi di fatto controllato e gestito dai cinesi con grave danno per gli USA. Una situazione inaccettabile dunque che Trump intende mettere in discussione
Così come per ciò che riguarda l’interesse economico degli USA per la Gorenlandia. Nessuno sano di mente può pensare che intenzione degli USA sia quella di invadere il territorio, ma certamente assicurarsi accordi vantaggiosi per lo sfruttamento delle risorse e delle terre rare a scapito del competitor asiatico è il minimo sindacale. Se non altro per non farsi circondare dal nemico.
Le minacce rispondono non certo alla “pazzia del Presidente” bensì a una esigenza negoziale precisa di esito alla quale Trump intende massimizzare il profitto alzando la posta in gioco
Un simile attivismo è poi giustificato nell’ottica americana dalla necessità di difendersi dai BRICS (di cui la Cina è protagonista principale) e dalla volontà dei relativi paesi aderenti di emanciparsi dalla valuta americana.
Non c’è dubbio dunque che Trump si stia muovendo in perfetta coerenza con il proprio mandato elettorale fondato sull’American First.
Nel complesso rapporto USA-Cina, questione interessante sarà la gestione di Taiwan su cui le mire cinesi irrigidiscono non poco i rapporti
Se davvero dovessero concretizzarsi le minacce di invasione cinese, allora lì sarebbe veramente un problema grosso, con il rischio di deflagrazione di un conflitto diretto.
IMMIGRAZIONE E LOTTA ALLA DROGA
La minaccia dei dazi ha immediatamente ricondotto alla ragione il governo messicano che infatti ha immediatamente schierato diecimila poliziotti per bloccare immigrati irregolari e narcos. D’altra parte il traffico di droga, soprattutto il Fentanyl è diventato emergenziale in USA e le strategie per ora utilizzate hanno sostanzialmente fallite.
Alla presidente messicana, nuovo idolo degli antitrumpiani, non rimangono che lettere accorate contro il muro al confine condite con generiche minacce economiche, ma verosimilmente niente di cui Trump dovrebbe preoccuparsi.
Il tema delle migrazioni sfuggito di mano all’amministrazione Biden con la evidente responsabilità di Kamala Harris designata a gestire il relativo dossier, ha provocato una onda d’urto sul confine che l’America non è in grado di sopportare.
La politica del Catch ed Release è miseramente fallita e gli USA oggi si devono confrontare con problemi di ordine pubblico, sicurezza nazionale e rischio di eccesso di domanda di lavoro che comprime al ribasso i salari
Mix esplosivo cui dover necessariamente porre rimedio attraverso una politica di gestione degli afflussi che favorisca l’immigrazione regolare di qualità (per cui stanno aumentando i visti) a scapito di quella clandestina.
A nord, invece, nonostante i rapporti tesi con il Canada, i due paesi collaboreranno alla lotta agli stupefacenti e ai trafficanti in arrivo dalla Cina. Possiamo convenire che alcune frasi di Trump siano un po’ eccessive, ma anche in questo caso il risultato se lo è assicurato.
ORGANISMI INTERNAZIONALI
Per tale argomento ci vorrebbero giorni e giorni, al fine di inquadrare correttamente la questione. Sinteticamente possiamo dire che molte di queste organizzazioni si sono qualificate in questi anni per condotte poco trasparenti, ai limiti dell’omertà.
A partire dall’OMS durante la pandemia con l’incapacità di chiamare la Cina a rispondere dei gravissimi ritardi nella comunicazione della reale situazione, con conseguente ampia diffusione del virus del Covid 19. Il Consiglio dei Diritti Umani ha da tempo sposato posizioni assai discutibili soprattutto nei confronti dello Stato di Israele e si è dimostrato sovente troppo prono alle rivendicazioni dei paesi arabi. D’altra parte la presidenza dell’organo è stata rinnovata in favore dell’Iran e questo è paradossale e sufficiente per dubitare della funzionalità e credibilità dell’Agenzia.
O, ancora, l’UNRWA, ente fiancheggiatore del terrorismo palestinese, come dimostrano le tristi vicende degli ultimi due anni. Organizzazioni insomma dal grande potenziale secondo Trump, ma sfruttato malissimo e finanziate in gran parte dagli USA
Discorso ancor più marcato con riferimento alla Conferenza su clima da cui Trump ritirerà gli Stati Uniti in considerazione delle pesanti ricadute economiche e sociali dell’approccio ideologico al tema climatico.
Un approccio che ha messo in crisi interi comparti produttivi americani e non, facendone pagare le conseguenza spesso a quei lavoratori che in teoria la sinistra dovrebbe difendere
Alla luce di come questi Organismi internazionali svolgono la loro opera siamo proprio sicuri di voler accusare Trump se intende uscirne?
A maggior ragione che, come detto, detti enti sono prevalentemente finanziati dagli USA.
GENDER FLUID E WOKE CULTURE
Uno dei più attesi interventi della nuova amministrazione è quello sulla propaganda gender e woke
Da anni si assiste al tentativo di imporre nuovi presunti valori attraverso i quali riscrivere passato e presente secondo direttrici né più né meno totalitarie che si impongono a livello culturale in ogni dove.
Tali derive danno luogo a esiti grotteschi e paradossali contrabbandati come diritti delle minoranze, ma che in realtà altro non sono che un’attenta opera di ingegneria sociale per sbarazzarsi della Tradizione e costruire un Brave New World che rappresenta l’estrema conseguenza del marxismo applicato alla sfera sociale e antropologica.
Ebbene finalmente il Presidente americano intende ripristinare la normalità sulla base del buon senso cancellando le abnormità che in questi anni si sono succedute a partire dal linguaggio, letteralmente violentato per farsi veicolo di nuovi modi di pensare. La musica è finalmente cambiata! Perciò bando alle innovazioni linguistiche imbarazzanti (sic!) e finalmente il ritorno a ciò che è evidente.
Ci sono due generi – maschio e femmina – e il resto è solo spazzatura woke. Il che non significa dimenticare di tutelare i diritti individuali degli esseri umani indipendentemente dalle loro caratteristiche specifiche, ma semplicemente non sottostare alla dittatura di un pensiero unico che vuole semplicemente operare una sostituzione culturale sbarazzandosi dei valori tradizionali per muovere verso una finta e posticcia uguaglianza
Insomma, descrivere la portata di questi primi giorni di amministrazione trumpiana è opera lunghissima e non è questa la sede per poter essere esaustivi ma bisogna dire che in pochi giorni si intravede più di un motivo per applaudire Donald Trump! Lunga vita al Presidente!
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