Villa Inferno – E adesso? Già, perché non è mica chiusa l’inchiesta (finora 8 indagati) del PM Stefano Dambruoso e degli uomini del nucleo operativo dei carabinieri di Bologna Centro sul presunto giro di prostituzione e spaccio che la settimana scorsa ha portato in cella l’imprenditore edile Davide Bacci e agli arresti domiciliari Luca Cavazza, ultrà della Virtus di basket e candidato con la Lega (non iscritto) alle ultime regionali.
La minorenne che con i suoi racconti ha dato la stura all’indagine sui festini di «Villa Inferno», la casa di Bacci a Pianoro con piscina e sauna ribattezzata così dagli stessi protagonisti delle orge, tiene infatti ora col fiato sospeso oltre una trentina di persone, i cui nomi pure compaiono nelle carte giudiziarie. Le loro posizioni sono al vaglio degli inquirenti.
Villa Inferno
E sono nomi piuttosto noti in città: immobiliaristi, manager, avvocati, figlie della buona borghesia bolognese, altri ultrà della Virtus, eppoi un tassista, un apprezzato dj, un pugno di escort parecchio gettonate e alcuni addetti alla sicurezza aziendale, oltre naturalmente ai pusher (italiani e albanesi) che rifornivano di cocaina le notti brave dei professionisti. «Villa Inferno», poi, non sarebbe nemmeno l’unica villa del piacere dove si concludevano le serate eleganti iniziate nei locali più chic di San Mamolo o della zona del Quadrilatero. Altre magioni del vizio sarebbero state individuate dagli investigatori.
L’inchiesta dunque va avanti, anche per rendere giustizia alla ragazzina diciassettenne precipitata in quest’incubo già prima del lockdown; il suo ingresso a «Villa Inferno», insieme a un’amica di due anni più grande di lei, risale al primo marzo. Così lo racconta lei stessa ai carabinieri: «Luca Cavazza (conosciuto al Paladozza l’anno prima in occasione di una partita di basket della Virtus, ndr) mi aveva convinto a seguirlo. Da lui avevo appreso che ci saremmo fatti una fattanza, cioè Bacci ci avrebbe dato della coca. E infatti, appena arrivati, io ho visto che c’erano una decina di persone tra ragazzi e ragazze che stavano pippando. Tutti avevano portato della bamba, noi abbiamo tirato ma nessuno ci ha costrette».
Mamma-coraggio
L’inchiesta è partita nel febbraio scorso, grazie alla mamma-coraggio della ragazzina, che il 26 si presentò in caserma per denunciare una situazione ormai insostenibile: «Mia figlia si droga, si allontana continuamente da casa, non ce la faccio più, non riesco a gestirla». Ma la madre fornirà in seguito anche uno spunto investigativo importantissimo: accenna a dei video che è riuscita a intercettare nel cellulare della figlia. Video di «pornografia domestica», la definisce il Gip Letizio Magliaro: filmini che ora tengono in ansia quella trentina di nomi della buona borghesia bolognese e che documenterebbero gli incontri a base di sesso e droga.
L’ipotesi dell’accusa è che la diciassettenne sia stata convinta a compiere gli atti sessuali in cambio di denaro e stupefacenti. «E dicevano pure di volermi bene — ha singhiozzato lei davanti ai carabinieri quando ha deciso infine di raccontare quello che aveva subìto, mostrando loro tutti quei video sul cellulare. I soldi mi servivano per farmi le unghie delle mani…».
Fabrizio Caccia per corriere.it
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