Nella mia vita ho sempre ritenuto che fosse giusto un vincolo per gli eletti. Ho sempre avuto disprezzo per i voltagabbana. Per voltagabbana ho sempre inteso uno che cambia le opinioni, magari per un proprio tornaconto.
Io ritengo che un uomo eletto con un partito, che cambia idea rispetto agli impegni presi con gli elettori debba andarsene. Però il punto è proprio: questo rispetto degli impegni presi con gli elettori.
Ma se un partito si presenta agli elettori con un programma ed ottiene la loro fiducia in base a quel programma, e poi cambia idea cosa dovrebbe fare quel partito?
Quando Gianfranco Fini mutò in corso di legislatura le sue posizioni che tradiva, lui o i deputati che non lo seguirono e rimasero leali a quelle posizioni? Quando Salvini rivede le sue posizioni, da sovraniste a governiste ed elegge un presidente che non riconosceva come il suo, chi manca di coerenza? Lui che ha ottenuto la fiducia in base a quelle posizioni, o i rappresentanti del suo partito che non lo seguono volendo rimanere le ali agli impegni presi con gli elettori?
Gli eletti di quel partito sono vincolati alla lealtà verso la dirigenza, verso la leadership? O verso le persone che hanno permesso la loro elezione tramite il loro voto in base a determinati impegni?
Un partito politico deve essere un luogo di confronto
Un partito politico non è una maglia calcistica. Non è una fede acritica. L’obbedienza dogmatica in politica ha generato sempre le peggiori dittature.
Un partito politico deve essere luogo di discussione, incontro e confronto. Cosa che ormai in questi partiti leaderistici è sempre più difficile. Molti partiti ritengono addirittura superfluo fare congressi e se li fanno si riducono ad un plebiscito acclamante il capo dal quale deriva tutto.
Allora come si può accusare di tradimento o tacciare di incoerenza chi è eletto con un programma, quando vede quel programma abbandonato dal leader? Chi ritiene di dover essere leale con gli elettori mantenendo quelle idee?
Se venisse introdotto un vincolo di mandato, dovrebbe essere ispirato ad un vincolo anche di coerenza. Ossia che se un partito disattende il programma con il quale si è presentato agli elettori deve andarsene. Ma questo non è possibile soprattutto in una democrazia parlamentare.
Dunque il concetto di tradimento in politica deve riferirsi agli impegni presi. Io posso mediare rispetto agli impegni presi, perché magari non si riesce ad ottenere una maggioranza governativa che possa rispettarlo al 100%, ma debbo comunque cercare di rimanere coerente. Devo soddisfare la stragrande maggioranza degli impegni presi. Se non lo faccio tradisco coloro ai quali deve andare la lealtà di ogni politico: i cittadini.
La valutazione della coerenza
E come si fa a stabilire la mia coerenza? Chiediamo ad un giudice di valutare l’operato di un eletto per vedere se si debba dimettere o meno in caso cambia partito? Facciamo sì che chiunque sia eletto con un partito e lo cambia debba dimettersi? Sarebbe la legge più idiota.
Una marea di persone non seguirebbero le indicazioni del partito pur restando formalmente aderenti; rimanendo formalmente nei gruppi, votando come più opportuno di volta in volta. Praticamente come una legge che imponga ad un fedifrago di rimanere comunque sposato.
Oppure lasceremmo decidere a commissioni interne alle assemblee l’eventuale decadenza? Magari altri non sarebbero tentati di giudicare più in base a valutazioni di tipo politico?
Mi parrebbe più logico ricorrere alla democrazia diretta. Non sarebbero belli dei collegi uninominali dove l’eletto si deve presentare davanti agli elettori, senza poter avere il paracadute della lista bloccata? A dare il giudizio direttamente al popolo? La parola alla gente sarebbe un bel modo di giudicare.
Certo questo potrebbe rappresentare un problema anche per quei leader di partito che disattendono le promesse fatte agli elettori. Anche loro in un collegio correrebbero rischi superiori. Soprattutto se fosse come negli Stati Uniti, dove ci vuole la residenza da tempo in un dato collegio per presentarsi, ed il segretario non se lo può scegliere da solo.
Ma in fondo qual è l’importanza di tutelare i leader che si possono scegliere gli eletti, a confronto di tutelare il diritto del popolo licenziare tutti coloro che sistematicamente lo ingannano?
A quel punto un politico potrebbe fare tutte le scelte che ritiene più opportune, anche cambiando idea.
Perché dovrebbe rispondere a loro, senza appello. Il vero vincolo di mandato è il rendere impossibile a qualunque eletto il sottrarsi al giudizio del popolo sovrano.
Non possono chiedere il vincolo partiti che eleggono deputati in liste bloccate, tradendo prima di tutto quel vincolo con il popolo che l’unico detentore della sovranità. Spetta alla gente scegliessi rappresentanti.
Leggi indegne su liste bloccate solo una colpa di destra, condivisa anche della sinistra che non le ha mai cambiate ed anzi sempre accettate.
I cittadini devono poter scegliere
È auspicabile che i cittadini possano scegliersi il governo. Dire come si fa per i sindaci e per i presidenti di regione chi debba governare.
Come facciamo a parlare di vincolo di mandato se in Parlamento si tradiscono sempre le decisioni degli elettori per espressa volontà dei partiti?
Nelle altre grandi democrazie dove si vota con il proporzionale, il governo viene formato dal partito che ha preso un voto più degli altri, anche se è difficile coalizzarlo. Perché nessuno lo esclude.
Non per un impedimento legale a farlo, ma per un rispetto verso il corpo elettorale. Il tradimento verso gli elettori è nato quando i partiti si sono sottratti al dovere far mantenere alla gente il diritto di scegliersi i rappresentanti.
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