Virus, non vairus – L’aveva già detto prima: coronavairus al posto di coronavirus. E una volta passi. Potrebbe essere stata una disattenzione.
Ma invece no. Anche oggi, in diretta da Monaco di Baviera ai microfoni della Rai Giggino Di Maio, uno dei più improbabili ministri dell’Italia repubblicana ha insistito. Vairus e non virus.
Per carità, già nel mondo dello sport assistiamo allo scempio di telecronisti che decantano la bellezza dello Juventus Stadium, che loro pronunciano Stedium, con la E, perché fa più fico e perché appartengono alla categoria di persone che non sanno riconoscere una parola latina da una inglese perché tutte e due a loro suonano straniere.
E quindi le povere parole latine che vengono usate anche in altre lingue vengono sistematicamente storpiate quando vengono pronunciare da italiani approssimativi e provinciali, ma così provinciali che non riescono – ad esempio – a dire la parola super senza farla diventare una sorta si “soppaaar”.
Ora, va bene che dopo la sua incredibile nomina alla Farnesina Giggino Di Maio è stato preso in giro per la sua scarsa conoscenza dell’inglese.
Ma la risposta non è quella di ‘inglesizzare’ parole latine per darsi un tono.
Altrimenti fa la figura dell’Arrio preso in giro da Catullo: Chommoda dicebat, si quando commoda vellet dicere, et insidias Arrius hinsidias, et tum mirifice sperabat se esse locutum, cum quantum poterat dixerat hinsidias…
Mettere l’acca per darsi le arie faceva ridere fin dai tempi dell’antica Roma. Qualcuno avverta per pietà Giggino e con grande tatto lo renda edotto che ci sono parole che lui e tanti come lui pensano siano inglesi. Ma sono latine. Virus, non vairus. Le radici, la storia, la cultura. Ma soprattutto le basi.
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Un virus (voce dotta dal latino vīrus, -i, ‘veleno’) è un microrganismo acellulare con caratteristiche di parassita obbligato, in quanto si replica esclusivamente all’interno delle cellule di altri organismi.