L’intera vita di Robert Johnson è avvolta da quell’alone di leggenda tipico dei grandi artisti. Il personaggio è senza alcun dubbio una personalità estremamente interessante e che ha condizionato pesantemente il Blues. Viene infatti ritenuto il vero fondatore dello stile Delta Blues, tipologia di Blues Fusion nato nelle zone attorno al Mississippi. Eppure la sua morte, a soli 27 anni, ha fatto seguito a molteplici illazioni sulla sua vita e la sua in-naturale dipartita. Ma quale è la leggenda sulla morte di Robert Johnson?
Netflix ha pubblicato da qualche mese un documentario sulla storia di Robert Johnson. Il film propone la versione più accreditata della morte del celebre bluesman. Pare che nel 1938 si stesse esibendo in un locale piuttosto celebre nella zona del Mississippi. Era noto anche che avesse una storia con la moglie del proprietario. La gelosia ha fatto il resto: venne data a Johnson una bottiglia di whisky aperta. Infervorato dall’adrenalina e dal successo, il Nostro se la scolò senza pensarci due volte. Iniziò a star subito male e morì, dopo cocenti agonie, due giorni dopo di avvelenamento. Questa versione, che pare comunque la più plausibile, non è verificata: sono diverse le voci che dicono che sia vissuto ancora per molto tempo sotto falso nome. Per questo, sono presenti poco meno di una decina di foto su di lui. Nient’altro.
Pare che il diavolo non voglia lasciare in pace il povero Johnson. La leggenda narra che Robert Johnson fosse un pessimo chitarrista ma che avesse stretto un patto con il demonio per diventare un grande bluesman. Incredibilmente, nel giro di poco tempo, imparò a suonare e guadagnò moltissimi fan e denaro grazie ai concerti. In questi casi però, al successo segue spesso il dolore e la sofferenza che si ripercuote sulla sepoltura. Sono infatti due i luoghi in cui si ritiene sia seppellito il grande bluesman. Uno a Quito, in Colombia (poco plausibile) e uno a Morgan City, vicino a Greenwood nel Mississippi, costituito da un obelisco memoriale.
Appartenente (secondo alcuni, inconsapevole fondatore) del club 27, ossia i morti all’età di 27 anni (come Amy Winehouse, Morrison e Brian Jones tra gli altri), ci ha lasciato solo 29 pezzi. Eppure, quei pochissimi brani sono stati ispiratori per grandi artisti e chitarristi, da Eric Clapton a Keith Richards fino a Bob Dylan. Basti solo ascoltare un brano come Sweet Home Chicago per capire che siamo davanti a qualcosa di particolare. Dallo stile chitarristico fino al timbro più acuto, atipicorispetti ai consueti bluesman. Insieme ai testi incredibilmente decadentie romantici, con riferimenti alla chiesa battista e ad altre citazioni della cultura vodoo.
La leggenda sulla morte di Robert Johnson non è altro che uno dei molti dubbi che aleggiano sulla sua figura. Un grande chitarrista, una personalità particolare, una figura oscura.