Vittorio Emanuele III – Si parla poco dell’importanza dei colloqui dei Feltre tra Hitler e Mussolini.
Sicuramente ebbero un’importanza decisiva nelle decisioni di Vittorio Emanuele III. Il sovrano infatti aveva da tempo accarezzato l’idea di mettere da parte Mussolini. Ma attese fino a quando dopo Feltre, fu ormai chiaro che non era possibile che Mussolini fosse in grado di sganciarsi diplomaticamente dai tedeschi. Il re voleva condurre l’Italia fuori dalla guerra.
Era un’idea che andava maturando da circa un anno e che aveva trovato importanti sostenitori ovviamente di salotti antifascisti.
Sicuramente Ivanoe Bonomi fu uno dei grandi ispiratori del progetto, insieme a Vittorio Emanuele Orlando. La speranza di Bonomi era la creazione di un governo tecnico di breve durata presieduto da un generale, per contenere l’eventuale reazione fascista, nonché quella tedesca.
Perché tutto riuscisse era necessario che il sovrano, tenesse in stato d’arresto Mussolini.
Agli occhi della Corona il problema di fondo stava nella forte diffidenza che Vittorio Emanuele nutriva nei confronti di questi uomini politici. I quali salvo in parte il Partito comunista, non avevano mantenuto una rete clandestina efficace.
Ed ovviamente, al di là della loro disponibilità a partecipare, il Re non vedeva certo il suo riferimento ideale in Palmiro Togliatti. Tra le altre cose erano ambienti notoriamente vicini alla principessa di Piemonte, Maria Josè del Belgio verso la quale il diffidente capo di casa Savoia non nutriva alcuna simpatia.
Questa fronte di antifascisti però, in parte doveva essere accontentata poiché, gli intenti della corona di portare l’Italia fuori dalla guerra necessitava anche del loro appoggio.
Ma da soli non bastavano ed in qualità del capo dello Stato il monarca ricerca va uno strumento costituzionale per rimuovere Mussolini dalla guida del governo.
Aveva dunque bisogno dell’aiuto di quei fascisti più critici quali, Grandi Bottai, Federzoni .