Viviamo in tempi di fanatismo

Viviamo in tempi di fanatismo

Dobbiamo tristemente dare atto di questo dato di realtà. Viviamo in tempi in cui la polarizzazione delle idee nasce dal pregiudizio insopportabile di detenere la Verità assoluta.

Una sempre più marcata boria intellettuale diffusa come un virus mediante i c.d. nuovi media – dagli intellettuali all’ultimo dei cittadini comuni – apre l’era di nuovo oscurantismo democratico fondato sul culto dell’opinione personale superiorem non recognocens

Viviamo tempi di fanatismo, perché la religione attuale è divenuta il culto della propria weltanschauung che rende Sommo Sacerdote l’ego intellettuale di ciascuno e adepti coloro i quali sono troppo pigri o addormentati per partorire un pensiero critico e quindi si adagiano felici su quello altrui.

La morte del Sacro Universale ha aperto le porte al profano particolare, nichilista e avulso da ciò che era e da ciò che sarà, e sempre più chiuso nel suo monadismo presuntuoso e belligerante.

In questa parcellizzazione del pensiero, i fatti perdono rilevanza, l’oggettività sfuma il suo senso, e prevalgono le emozioni soggettive

Vere tiranne nella costruzione della visione del mondo, queste sollecitano i peggiori istinti egoici e le più abnormi semplificazioni della realtà. Una forma di populismo democratico non più appannaggio di alcuni leader politici, si estende alle masse tanto che ciascuno si fa leader della propria microcomunità ridondante.

Invero ognun diventa populista nel momento in cui non sottopone più al vaglio del proprio discernimento la sua stessa visione del mondo. Quando l’ego rigetta l’auto-analisi, l’uomo diventa preda di un narcisismo psico-intellettuale che delinea l’era della post-verità.

Le opinioni assurgono al rango della verità, indipendentemente dalla loro fondatezza o dalla cultura di chi le propone. Si fanno arrogantemente verità e pretendono di fare a meno della Ragione come strumento di lettura del reale.

Il ragionamento logico diventa desueto perché contrario alla banalizzazione della realtà

L’informazione che diventa infodemia è completamente deresponsabilizzata poiché una errata concezione della libertà di pensiero la sgancia completamente da obblighi di verità nei confronti della comunità. Senza regole, c’è solo l’anarchia e infatti, l’assolutizzazione del “sé pensante” porta inesorabilmente all’estremismo ideologico e quindi al fanatismo intollerante, il quale elide ogni forma di libertà personale e uccide la creatività del pensiero.

Viviamo tempi di radicalismo aprioristico che nega in radice i fondamenti della civiltà occidentale fondati sulla Libertà, Eguaglianza e Tolleranza, poiché un framing chiuso e autoreferenziale, ingigantito da sempre più sofisticate echo chambers, chiude ogni spazio di dissenso, si dimostra refrattario a ogni visione alternativa, non riconosce l’altro come portatore di ricchezza intellettuale, ma lo identifica solo come un nemico da abbattere.

In questo contesto grottesco, in cui tanti lupi ululanti – ciascuno dal proprio palcoscenico – cercano di irretire le folle e farsi improbabili leader, sentire il Ministro Alessandro Giuli che, dal palco della Fiera di Francoforte, invoca “la cultura come religione civile universale” fa bene al cuore e allo spirito

In un contesto in cui la religione più praticata è il culto della propria (asserita) sapienza, il richiamo all’universalità apre spazi infiniti di confronto dialettico; la declinazione di una religione civile universale fondata sulla “comprensione dell’altro, dialogo fra entità plurali e dinamiche senza l’ombra di pregiudizi” riporta la mente a una forma di intellettualità illuminata oggi smarrita ma di cui si sente sempre più il bisogno.

Ecco che allora assume forte valore il dissenso come grimaldello che dà forma al progresso dialettico della società

Il dissenso diviene l’espressione di una legittimità di pensiero oggi minoritario che in una logica democratica, punta a divenire maggioritario. Esso è, tradizionalmente, l’antidoto alla dittatura della maggioranza e a ogni forma di inaridimento ideologico. E se il Governo, nella persona del ministro Giuli riconosce e tutela il dissenso persino contro se stesso, siamo di fronte certamente alla risposta più significativa a quanti parlano a caso di fascismo.

L’impegno che si assume il Ministro dunque è quello di ripristinare nel mondo culturale e più in generale nella società un principio di tolleranza verso pensieri altri (auspicabilmente critici e argomentati, non limitati cioè alla riproposizione di slogan) che è stato il segno distintivo del passaggio da una civiltà fondata sulla forza del dogma, a una fondata sull’importanza della Ragione, quale mezzo per la comprensione di una realtà che si va facendo via via più complessa.

In questo senso strumentale e non finalistico, la Ragione, assurge a strumento per l’affermazione dell’individuo nella propria libertà, indipendentemente dal gruppo di appartenenza

L’individuo quale centro del mondo apre lo spazio alla vitalità del pensiero contro ogni mainstream, conduce all’originalità dell’intelletto che sconfigge il pregiudizio e alla necessaria flessibilità mentale per gestire processi di trasformazione epocale, quali quelli in atto oggi giorno.

Questa, invero, è l’eredità del pensiero italiano, questo è il senso di un tradizione intellettuale che, nel nostro paese ha toccato punti eccelsi proprio quando i grandi pensatori dissentivano su tutto, ma trovavano nella Tolleranza e nel rispetto altrui la necessaria armonia ispirata al bene della comunità.

Questo è il punto di partenza per immaginare un futuro diverso in cui la cultura in tutte le sue forme sia davvero la bussola per orientare le masse contro ogni forma di violenza ed estremismo.

Bravo ministro Giuli, c’è da auspicare che l’opposizione raccolga questo alto appello e sappia finalmente uscire dalle pastoie dell’ideologia per partecipare al progresso del Paese.

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