Vivo, morto o X. Mi perdonerà Luciano Ligabue se ho mutuato una sua bella canzone per titolare l’ultima follia del politically correct. Anche questa volta, la strabiliante pensata è avvenuta nel paese più ipocritamente corretto e bigotto del mondo: gli Stati Uniti d’America.
Mentre in Italia si celebrava il quantomai sacrosanto de profundis al vituperato DDL Zan – non ne sentiremo la mancanza – negli Stati Uniti veniva emesso il primo passaporto che rompe gli schemi (e le pal…pebre) del genere binario (come dicono le persone che hanno studiato).
Oggi in America chi è confuso sul sesso che lo identifichi, può tracciare una bella X sul proprio passaporto. Un po’ alla stregua della firma di chi non sapeva scrivere.
“Voglio ribadire, in occasione dell’emissione di questo passaporto, l’impegno del dipartimento di stato a promuovere la libertà, la dignità e l’eguaglianza di tutte le persone, comprese quelle della comunità Lgbtqi”, ha detto il portavoce Ned Price. A proposito di sigle: ogni giorno aggiungono una lettera. Impossibile starne al passo.
E il testo di Ligabue mi torna prepotentemente alla memoria: Beh benvenuto qui fra luce e confusione… T’han detto che c’è posto, per chi sa stare a posto… Vivo, morto o X. Fa una croce qui firmati così.
Che mondo imbecille, quello in cui viviamo. Ma io sono fiducioso che prima o poi apriremo gli occhi e ci accorgeremo che stiamo diventando gli zimbelli di noi stessi. E di una piccola, ma potentissima minoranza che fa di tutto per autoincensarsi e contemporaneamente autocensurarsi.
Perché voglio essere vivo, morto. Ma mai X.
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