X-Factor, parla un* (uomo, donna? Boh) cantante: “…è il mio nome da genere umano, in quanto mi sento artista non binario.” Questa frase, della quale ancora mi sfugge il significato, mi ha definitivamente fatto decidere di cambiare canale. Un concetto che poteva essere espresso in altri modi, più semplici e più efficaci. Invece detto con una frase artefatta, costruita a tavolino. Inutile come il programma.
La qualità di X-Factor negli ultimi anni aveva avuto un deterioramento lento, graduale, ma costante. Quest’anno è talmente brutto, sciropposo, votato al racket del politically correct, che è diventato inguardabile. Un circo a due piste dove la donna baffuta e i nani sono delle figure quasi banali e scontate. Sembra una racconto di H.P. Lovecraft.
Eravamo già abituati ai casi umani, che venivano presi non tanto per le loro doti canore, quanto per la loro storia lacrimevole e dannatamente ripetitiva. Poi c’eravamo sciroppati anche i trapper che prendono a calci le nostre orecchie, nonostante dosi dopate di auto-tune.
In questa edizione il puzzo di bruciato si era sentito fin dall’inizio. I giudici che spiegano: “non ci saranno categorie, né di genere né di altro, perché non ci devono essere distinzioni, categorie”, doveva farmi presagire dove stavo per infilarmi.
Presentatore e giudici
Ma io sono un coglione e ho voluto testardamente continuare a infilarci la testa dentro.
Poi appare un tizietto mai visto in vita. Su uno skateboard, manco si fosse a “Happy Days”. Apre bocca ed esce fuori un accento borgataro da fare accapponare la pelle. Una volta, per andare in televisione bisognava saper parlare l’italiano. Una volta il mondo era un posto migliore. Cattelan era un gran professionista che, evidentemente, aveva annusato il puzzo da lontano e ha salutato la curva. Beato lui.
Emma è diventata (ancora di più) la paladina delle minoranze che ci devono essere imposte a tutti i costi. Praticamente, se davanti a lei, ti definisci uomo rischi di essere graffiato e preso a calci nelle palle. Agnelli ormai non ha più niente da dire. E anche gli altri due Mika e Manuelito. Dai, basta, davvero. Vi prego.
Tanto è ormai palese (lo era anche prima) che X-Factor è studiato a tavolino. Un’esaltazione terrificante dell’obbligo di essere diverso a tutti i costi.
No, questo mondo non lo capisco più. Quando diventa obbligatorio essere diverso, e essere tradizionali sta diventando una colpa, vuol dire che abbiamo perso la strada. Che dobbiamo fare un bel passo indietro e capire le nostre tradizioni e le nostre origini.
Devo essere sincero. Mi sono rotto le palle di questa situazione. Spero solo di essere già morto prima che diventi illegale essere uomo, eterosessuale e cattolico.
Oggi su Sky(fo) c’è la seconda puntata di X-Factor. Fatevi un piacere: non guardatela.
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