Zingaretti: “MES subito”. Il padrone ordina, il servo esegue
Durante il lockdown tergiversavano. Conte si affrettava a dare sistematicamente del bugiardo a chiunque sottolineasse l’intenzione del Governo, o almeno di parte di esso, di ricorrere al MES. Le restrizioni avevano reso gli italiani insolitamente attenti alle vicende politiche, lo stare chiusi in casa davanti alla televisione, in tremenda ansia per l’evoluzione della crisi economica, sembrava aver risvegliato un minimo di coscienza sociale. Il sistema, quindi, si era fatto guardingo, attento a non ritrovarsi addosso l’ira funesta di un popolo preoccupato e frustrato per le stringenti norme relative al Covid-19.
Adesso però è arrivata l’estate, le maglie si sono allentate, la gente ha ripreso a disinteressarsi di ciò che gli accade intorno, dedicandosi ad apertivi e tintarelle.
Quindi, come sempre accade, nei momenti di distrazione di massa la politica spara i suoi missili più subdoli. Ecco quindi il Partito Democratico, puntuale come un orologio svizzero, riprovarci con il MES. E’ Zingaretti a tornare a spingere per l’attivazione del ‘Meccanismo Europeo di stabilità’, rilasciando alcune dichiarazioni emblematiche: “Basta con la danza immobile di parole e slogan – dice senza vergogna -concentriamoci sugli investimenti da fare con quel prestito”.
INDEBITARSI
Già, PRESTITO. La parola d’ordine per il Segretario del Pd è sempre la stessa: Indebitarsi. Zingaretti arriva addirittura a scrivere un decalogo di motivi per i quali, secondo lui, sarebbe necessario farlo immediatamente. Non ne riportiamo il contenuto perché, in sostanza, non dice nulla di interessante. Si tratta di una serie di ovvietà non ben circostanziate che dovrebbero riguardare il mondo della sanità. Vaghe enunciazioni di principio in stile campagna elettorale e niente più.
Una domanda, tuttavia, è non solo lecito, ma anche doveroso farsela. Chissà da dove arriva tutta questa premura per rinforzare il servizio sanitario nazionale, visto che in quanto a smantellamenti Zingaretti è un vero e proprio recordman. Da Governatore del Lazio ha operato tagli lineari mai visti prima, chiudendo ben 16 strutture ospedaliere. A Roma sono spariti il Forlanini, il Santa Maria della Pietà, il San Giacomo, mentre il San Filippo Neri, il Sant’Eugenio e il San Camillo sono stati fortemente ridimensionati. Il tutto, ovviamente, a vantaggio del settore privato e con risparmi esigui, visto che l’esternalizzazione di molte funzioni viene comunque finanziata dal pubblico.
“Considerando che i fondi sanitari sono garantiti da una quota consistente di denaro pubblico sotto forma di spesa fiscale, e che buona parte di questa alimenta business privati, questo sistema di fatto si sostituisce al pubblico e spiana la strada alla privatizzazione”. Scrive in uno dei suoi report la fondazione GIMBE (Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze)
IL PADRONE ORDINA, IL SERVO ESEGUE
La risposta è semplice. Non è la ristrutturazione della sanità pubblica a muovere le dichiarazioni del Presidente della Regione Lazio, ma gli obiettivi politici, economici ed ideologici del Partito Democratico ed apparati connessi. L’Italia necessita di misure speciali per fronteggiare la crisi e in questo gli esponenti dem, con atteggiamento da sciacalli, vedono la possibilità di compiere un ulteriore passo in avanti verso i principali obiettivi dell’agenda scritta per loro dalle oligarchie dell’Unione Europea.
In sostanza, la sinistra italiana insiste nel voler attivare il MES prioritariamente per una ragione: accettando il prestito cederemmo ulteriore sovranità a Bruxelles, che porrebbe altri stringenti paletti (oltre a quelli già esistenti) alle nostre politiche di bilancio e di spesa pubblica, costringendoci ad un ulteriore ondata di privatizzazioni e a nuove forme di austerità. Praticamente sempre la solita storia che abbiamo visto ripetersi dal 1992 ad oggi. Dalla firma del Trattato di Maastricht (1992), all’introduzione del principio di pareggio di bilancio in Costituzione (2011). Passando per l’ingresso nell’area euro (1999) e la firma del trattato di Lisbona (2007). In tutte queste occasioni il comune denominatore è sempre stato la storica stretta dipendenza della sinistra italiana dagli organismi finanziari sovranazionali. Il padrone ordina, il servo esegue.
Ezra Pound, d’altronde, diceva: “Un popolo che non s’indebita fa rabbia agli usurai“.
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